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Immobili abusivi: legittimo tutto il costruito ante 31 ottobre 1942.-
Immobili abusivi: legittimo tutto il costruito ante 31 ottobre 1942

L'applicazione delle leggi regionali sul Piano casa ha riportato di attualità il problema delle vecchie licenze. La sussistenza del titolo edilizio (licenza o concessione edilizia, permesso di costruire, denuncia d'inizio attività ovvero provvedimento di sanatoria), infatti, è una delle condizioni per procedere all'acquisto dell'immobile sul quale s'intenda eseguire le opere di ampliamento o demolizione e ricostruzione, e a volte anche dagli stessi uffici comunali per la ricezione delle denunce d'inizio attività o in sede d'istruttoria dei permessi di costruire.-

Gli immobili successivi al 1° settembre 1967
Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi a edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione a edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione in caso di richiesta di condono edilizio (art. 40, comma 2, primo periodo, legge 47 del 5 febbraio 1985).
Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non dipenda dall'insussistenza della licenza o della concessione o dall'inesistenza di una domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda di concessione in sanatoria (art. 40, comma 3, legge 47 del 5 febbraio 1985).

Le vecchie licenze
Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967 - data di entrata in vigore della legge 765 del 6 agosto 1967 - in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 15 del 4 gennaio 1968 (oggi art. 47 del D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000), attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo (art. 40, comma 2, secondo periodo, legge 47 del 5 febbraio 1985). Sta di fatto che, trattandosi di una facoltà, l'accettazione dell'autocertificazione è rimessa alla discrezionalità della parte acquirente, che potrebbe comunque esigere l'esibizione del titolo abilitativo, al fine di accertarsi che l'immobile sia sorto legittimamente, che non siano state effettuate delle modifiche non autorizzate e, in caso contrario, che le opere siano state condonate.

La dichiarazione sostitutiva di atto notorio
Il comma 2 stabilisce, quindi, che le parti possono convenire di procedere senza indugio alla compravendita dell'immobile, previa allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale la parte venditrice attesta che i lavori di costruzione dell'immobile sono iniziati prima del 1° settembre 1967. L'oggetto di tale dichiarazione, quindi, non è la sussistenza di un titolo abilitativo, del quale tuttavia non risulti possibile risalire agli estremi. Ipotesi, quest'ultima, alquanto frequente, visto lo stato di disordine in cui versano gli archivi edilizi dei grossi comuni. In teoria, infatti, una licenza edilizia è individuabile agevolmente, alla condizione di produrre agli uffici comunali il numero e la data della stessa o quello di protocollo. Altrimenti, occorrerebbe compulsare gli interi repertori, che sono molto spesso voluminosi e non sempre accessibili al pubblico.

L'impossibilità di rintracciare la licenza edilizia
Ma visto che la norma in questione prevede la facoltà di ricorrere, in alternativa alla menzione degli estremi della licenza, alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio, quid nel caso in cui la parte interessata all'acquisto di un immobile di vecchia costruzione esiga in ogni caso l'esibizione del titolo abilitativo originario? L'ipotesi non è affatto peregrina, giacché l'impressionante frequenza con cui sono stati commessi in passato gli abusi edilizi, molti dei quali tuttora ignoti agli stessi proprietari degli immobili, fa sì che possa essere messa in dubbio la legittimità di qualsiasi fabbricato, soprattutto se sorto nelle zone all'esterno dei centri cittadini, a volte caratterizzate da un certo disordine edilizio. A complicare le cose, una certa tendenza da parte degli uffici comunali e anche degli stessi notai a far retroagire normative edilizie a epoche in cui esse erano di là da venire. Delle disposizioni legislative e regolamentari che da un secolo si sono succedute in materia edilizia - e che è stato possibile ricostruire grazie al contributo della Confedilizia - possono venire in soccorso nell'ipotesi in cui una compravendita immobiliare rischiasse di finire nell'impasse a causa di una licenza introvabile.
Per gli edifici risalenti al periodo 31 ottobre 1942-1° settembre 1967, infatti, l'obbligo della licenza edilizia era determinato dalla sussistenza di determinate condizioni.
Quelli anteriori al 31 ottobre 1942 - data di entrata in vigore della legge 1150 del 17 agosto 1942 - sono da considerarsi in ogni caso legittimati, in conseguenza di due importanti decisioni del Consiglio di Stato. Come osservava Virgilio Testa in Disciplina urbanistica (terza edizione, 1966), «la giurisprudenza in passato fu sempre aliena dal subordinare lo svolgimento di qualsiasi forma di attività edilizia a un'autorizzazione dell'autorità comunale».

La definizione di manufatto abusivo
Nella ipotesi che ci interessa, il concetto d'immobile abusivo può essere desunto dall'art. 31, comma 5, della legge 47 del 5 febbraio 1985 sul condono edilizio, che stabilisce che la concessione in sanatoria alle condizioni di cui all'art. 34 della stessa legge concerne le opere ultimate anteriormente al 1° settembre 1967 per le quali era richiesto, ai sensi dell'art. 31, comma 1, della legge 1150 del 17 agosto 1942 e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione. Tale norma, quindi, si richiama esclusivamente alla legge 1150/1942 e ai regolamenti edilizi comunali. Se, invece, avesse voluto far riferimento anche all'ipotesi in cui l'obbligo della licenza fosse richiesto dai soli regolamenti comunali (inclusi quelli anteriori alla legge 1150/1942), il legislatore avrebbe fatto ricorso all'espressione “ai sensi dell'art. 31, comma 1, legge 1150/1942 o dei regolamenti, eccetera”, così come avviene al primo comma dello stesso art. 31. Pertanto, la sussistenza di tale obbligo deve essere necessariamente tratta dalla disposizione della legge del 1942, che lo prevedeva (ossia l'art. 31, comma 1, nel testo originario), integrata da quanto previsto in materia dal vigente regolamento edilizio. “Il richiamo normativo è svolto con riferimento alle particolari modalità di pagamento per ottenere la concessione; ma vale anche come indicazione del limite temporale iniziale dell'obbligo di chiedere la sanatoria per opere abusivamente realizzate” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 1514, 21 ottobre 1998). In senso diametralmente opposto, TAR Campania, Napoli, Sez. IV, sent. n. 6884, 4 novembre 2009).

Lavori iniziati dal 31 ottobre 1942 al 1° settembre 1967
Nell'arco di quel periodo, vigeva il testo originario dell'art. 31, comma 1, della legge 1150/1942, che aveva la seguente formulazione: «Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri abitati e ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione [...] deve chiedere apposita licenza al Podestà (ora sindaco) del comune». Le zone di espansione erano quelle previste dal piano regolatore generale, cui all'epoca solo i principali comuni risultavano dotati (e in quei casi non sempre i piani ricomprendevano l'intero territorio comunale). Se il regolamento edilizio vigente all'epoca dell'inizio dei lavori - che poteva essere anche anteriore alla legge del 1942 - prescriveva la licenza edilizia in tutto il territorio comunale, tale disposizione era da considerarsi prevalente.
Questo, in virtù di una giurisprudenza consolidata, secondo la quale tale norma intendeva solo stabilire un criterio minimo al quale tutti i comuni, nei rispettivi regolamenti edilizi, si dovevano uniformare, senza per questo escludere un più esteso intervento dell'autorità comunale quando questo sia richiesto dalle situazioni locali, cui solo le amministrazioni comunali sono al tempo stesso interpreti e regolatrici (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 821 del 28 maggio 1955). Per centro abitato si doveva intendere qualunque raggruppamento edilizio, facente parte o no del nucleo urbano, anche se non raggiungesse la consistenza di una frazione o borgata (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 1205 dell'11 dicembre 1954, sent. n. 191 del 29 gennaio 1955, sent. n. 1144 del 27 settembre 1955; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 2685 del 30 maggio 1960). Il Ministero dei lavori pubblici (circ. n. 6537 del 6 dicembre 1958) e la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 310 del 28 febbraio 1964), inoltre, avevano fatto salvi i regolamenti edilizi anteriori alla legge 1150/1942, per quanto non in contrasto con la legge, inclusi quelli la cui applicazione fosse estesa all'intero territorio comunale.
Come nel caso dell'art. 1 dell'attuale regolamento edilizio di Roma, in vigore dal 1° ottobre 1934....

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