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QUESITO N. 366: Può il regolamento condominiale vietare al condomino l’apertura di uno studio professionale? Nella fattispecie in esame l’amministratore si oppone all’apertura di uno studio medico. Brevi cenni sul regolamento di condominio:

Quesito n. 366: Può il regolamento condominiale vietare al condomino l’apertura di uno studio professionale? Nella fattispecie in esame l’amministratore si oppone all’apertura di uno studio medico.
Brevi cenni sul regolamento di condominio: formazione, contenuto e limiti all'uso che il singolo condomino fa della propria unità immobiliare.

Il condominio, oltre ad essere un significativo esempio di comunione, è anche convivenza tra più diritti dominicali distinti. Infatti ogni proprietario dell'immobile è, contemporaneamente, proprietario esclusivo della propria unità immobiliare e comproprietario di alcune parti dell'edificio. La particolare struttura giuridica di tale istituto si riflette sulla facoltà di disposizione del proprietario sul bene: sebbene la regola generale è che le parti esclusive possono essere utilizzate dal condomino nel modo che questi ritiene più utile e conveniente, il Codice appresta una tutela delle parti comuni e delle altre unità immobiliari di proprietà esclusiva attraverso norme vincolistiche.
Il condomino potrà così destinare la proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che a un altro: questa libertà, tuttavia, deve sottostare alla duplice condizione che gli interventi non arrechino pregiudizio alle parti comuni (art. 1122 c.c.) e che non esista un regolamento contrattuale che ponga delle limitazioni alla destinazione e all'uso delle proprietà esclusive.
Essendo l'art. 1122 c.c. norma dispositiva e derogabile, sono possibili ulteriori limitazioni derivanti dai regolamenti condominiali e dalle delibere assembleari. Deve però evidenziarsi che esiste una differenza tra regolamento condominiale (approvato a maggioranza) e regolamento contrattuale (approvato all'unanimità di tutti i condomini o predisposto dall'unico e originario proprietario e fatto approvare contestualmente all'atto di acquisto dagli acquirenti/futuri condomini con rogito notarile): solo quest’ultimo può contenere disposizioni limitative delle facoltà del proprietario esclusivo di disporre del proprio bene.
La questione sorge solo per il regolamento condominiale: la dottrina maggioritaria, invocando il primo comma dell’art. 1138 c.c. per la parte che disciplina le parti comuni dell'edificio, ritiene che questo tipo di regolamento non possa contenere clausole limitanti il godimento della proprietà esclusiva dei condomini. Vi è poi chi sostiene che l'art. 1138 c.c. prescriva ciò che è il tradizionale contenuto dei regolamenti, non precludendo così la possibilità di regolare altri rapporti concernenti l'organizzazione condominiale: in ogni caso, il potere regolamentare della maggioranza può essere esercitato solo riguardo ad un interesse comune e all'uso delle cose e dei servizi, considerato che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. dispone chiaramente che i regolamenti condominiali non possono in alcun modo menomare i diritti dei condomini. È evidente quindi che, al di fuori delle ipotesi prospettate, l'assemblea condominiale non può deliberare una limitazione dell'uso che il condomino fa della parte d'immobile di sua proprietà esclusiva.
Diversamente, il regolamento contrattuale non risente delle limitazioni derivanti dall’art. 1138 c.c., traendo esso la sua validità ed efficacia dal consenso unanime dei condomini: vi è pertanto la possibilità di apporre vincoli all'uso della proprietà esclusiva attraverso clausole limitative. Queste ultime, secondo una parte della dottrina, possono consistere in una elencazione delle attività vietate o in una indicazione dei pregiudizi che si vogliono evitare; secondo altri è indispensabile una formulazione univoca ed espressa cosicché la semplice indicazione di una determinata opera non potrebbe essere interpretata analogicamente per precluderne altre.
In tal senso la Suprema Corte ha stabilito che “in materia di condominio negli edifici, le norme del regolamento di natura contrattuale possono prevedere limitazioni ai diritti dei condomini, nell'interesse comune, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di esclusiva proprietà” (Cassazione civ., Sez. II, 29 aprile 2005, n. 8883)
Il regolamento condominiale contrattuale, oltre ad essere concordato da tutti i condomini e formalizzato in un contratto vero e proprio, potrebbe avere anche derivazione esterna. Ipotesi di quest’ultimo caso è quello predisposto dal costruttore dell'edificio, ovvero dall'originario unico proprietario, che al momento del frazionamento della proprietà, inseriscono il regolamento condominiale tra le clausole del contratto di vendita. Bisogna ricordare che a mente dell'art. 1372 c.c. “il contratto ha forza di legge tra le parti” e che esso non produce effetti rispetto ai terzi salvi i casi previsti dalla legge. Nel caso di regolamento allegato al contratto di acquisto di un piano o porzione di piano di un edificio, “le parti” sono l'alienante e l'acquirente.
Sebbene non vi sono dubbi che l'efficacia delle limitazioni alle proprietà esclusive nei confronti dei terzi aventi causa è determinata dalla trascrizione, indispensabile per l'opponibilità delle clausole del regolamento contrattuale statuenti tali vincoli, è opinione diffusa ciò non possa avvenire attraverso un richiamo ge...

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