Le clausole vessatorie e il Codice del Consumo.-
LE CLAUSOLE VESSATORIE E IL CODICE DEL CONSUMO
Il nuovo Codice del consumo, in attuazione dell’ art. 7 della legge-delega n. 229/03, ha unificato la frammentaria e disorganica disciplina in materia e l’ha compendiata seguendo le indicazioni provenienti dalla disciplina sulla compilazione dei provvedimenti legislativi di riassetto normativo in conformità ai dettami del diritto comunitario. L’esigenza di dare riscontro al diffuso disagio determinato dalla disordinata iperproliferazione normativa ha comportato l’ adozione di una tecnica redazionale impostata sulla riorganizzazione delle disposizioni secondo una sequenza logico-temporale sistematica imperniata sul procedimento economico e giuridico determinato dall’ atto di consumo. Pertanto, si è puntualmente riprodotta la vigente disciplina ripetendo, in molti casi, le norme nella loro formulazione originaria. Scopo del Legislatore è quello di assicurare l’ effettiva tutela dei diritti dei consumatori, pur non dettando regolamentazione alcuna sui servizi finanziari on – line, né sul multilevel marketing, né sul documento elettronico quale strumento di comunicazione della volontà di recesso dell’utente e parimenti escludendo la disciplina sul credito al consumo, sul commercio elettronico, sulla fornitura dei servizi elettronici, sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, sulla tutela dell’ acquirente di edifici in costruzione. Permangono, dunque, normative di settore nonostante l’ unificazione codicistica conforme all’ esigenza di riallineamento europeo e volta ad assicurare una tutela effettiva del diritto. Tuttavia, il Codice “costituisce una delle innovazioni più significative (…) una sorta di manifesto dei diritti dei consumatori perché qui sono state raccolte tutte o quasi le regole che istituiscono diritti in capo al consumatore ed i rimedi concessigli dall’ ordinamento per farli valere “ ( ALPA ). La difesa del consumatore presuppone, in ogni caso, che vi sia liceità dell’ esercizio dell’ attività da esso tenuta o, per meglio dire, che la condotta a lui attribuibile sia lecita. Dovendosi negare tutela giuridica a chi versi in situazione illecita ( Cass., 15.1.07, n. 635, in Italgiure, Web ) si è affermato, ad esempio, in ordine all’ avviamento commerciale che:”La tutela dell’ avviamento commerciale, apprestata dagli artt. 34-40 della l. n. 392/78, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’ abitazione, utilizzati per un’ attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell’ attività senza le prescritte autorizzazioni, poiché il presupposto della tutela risiede nella liceità dell’ esercizio dell’ attività medesima, in quanto si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l’applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all’ avviamento ed alla prelazione, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate”.- ( Cass. civ., 27.3.07, n. 7501, in Italgiure, Web ). Le linee - guida informatrici della strutturazione del testo attengono a momenti diversi e sequenziali che vanno da quello dell’educazione e dell’informazione sino a quello di raccolta delle informazioni, oltreché sino a quelli decisorio e di soddisfazione – insoddisfazione. L’ art. 1469 – bis risulta novellato dall’ art. 142 del d. lgs. n. 206/05 e dispone che le norme del codice civile si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal Codice del consumo e da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore, mentre l’ art. 38 del citato decreto statuisce che dette norme subentrano solo per quanto non regolamentato dal nuovo Codice. Gli artt. 38 e 142 coordinano la disciplina del codice civile con quella del d. lgs. n. 206/05 sulla base del principio c.d. protettivo ossia il decreto legislativo del 2005 deve considerarsi perlomeno in via tendenziale completo cosicché ci si avvale della disciplina codicistica soltanto se nel decreto in questione non si rinvenga la normativa necessaria. Ciò si denota palesemente con riferimento alle regole di nullità protettiva che prevalgono su quelle di cui agli artt. 1419, 1° co. e 1421 c.c. in quanto confliggenti. Il nuovo Codice del consumo, in sostanza, pur recependo i principi sulle clausole vessatorie presenti nel codice civile, pur senza abrogarli, li subordina alle regole introdotte con la novella.-
In ipotesi di condizioni generali, parte del contratto è predisposta unilateralmente. Laddove a contrarre siano imprese che stipulano contratti sempre identici con una serie di clienti, il contenuto negoziale, in disparte che per la parte economica, è sempre predeterminato in via unilaterale, mediante moduli o formulari prestampati, come solitamente accade nei contratti bancari od assicurativi ( artt. 1341, 2° co., c.c. e 33-34 n. 5, d.lgs. n. 206/05 ). Se vi è trattativa ( art. 1469 ter, 5° co. 5, c.c.), le clausole aggiunte prevalgono su quelle del modulo o del formulario allorquando vi sia incompatibilità con esse anche se queste ultime non siano state cancellate. Condizioni generali del contratto e contratti per adesione sono accomunati, in assenza di trattative, dal pericolo della imposizione di clausole vessatorie al non predisponente. La disciplina di cui agli artt. 1341, 1° co. c.c. e 1342, 1° co., c.c. è generale; di converso, è differenziata quella relativa alle clausole abusive in relazione alla circostanza che possono contrarre fra loro soggetti aventi uguale o diversa forza.-
Perciò, si distingue fra professionisti (persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private, contraenti nell’ ambito della propria attività imprenditoriale professionale) e consumatori (persone fisiche non giuridiche, né imprese piccole od artigiane, che contraggono anche per fini avulsi all’ attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, perciò per consumo privato).-
Il soggetto che stipula un contratto come persona fisica che agisce per scopi relativi alla attività di agente di un’ impresa di assicurazioni non può assumere la veste di consumatore ai sensi dell’ art. 1469-bis c.c.( Cass. civ., 14.6.07, n. 13967, in Italgiure, Web ).-
Se si verte in ipotesi di contratto fra professionisti o fra consumatori, ossia se ambedue le parti hanno pari forza negoziale, le clausole vessatorie contenute in condizioni generali o moduli o formulari vanno approvate per iscritto (artt. 1341, 1° co. e 1342, 2° co. c.c.).- Vi appartengono le clausole di cui all’ art. 1341, 2° co., c.c. e quelle che stabiliscono limitazioni di responsabilità a favore di colui che le ha predisposte ovvero facoltà di recesso dal contratto o di sospenderne l’ esecuzione a favore del predisponente; le clausole che sanciscono, per il non predisponente, decadenze, limitazioni alla facoltà di sollevare eccezioni ovvero restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; le clausole di proroga tacita ovvero di rinnovo contrattuale ed, infine, quelle che demandano ad arbitri rituali la risoluzione di controversie ovvero derogano alla competenza territoriale giudiziale che è sempre quella del foro del consumatore. Detta elencazione ha carattere tassativo seppure passibile di interpretazione estensiva nell’ ambito di ciascuna tipologia di clausola. L’ approvazione scritta del solo contraente non predisponente si esige ad substantiam; deve essere specifica e può anche essere cumulativa. Il che accade, solitamente, nel caso in cui, in calce al contratto predisposto per iscritto unilateralmente da una parte, siano enumerate, dopo la sottoscrizione di ambedue le parti, le clausole vessatorie munite del loro oggetto, unitamente od in alternativa al numero o soltanto contraddistinte numericamente seguite di nuovo dalla sottoscrizione per approvazione. Esse vengono ritenute affette da nullità assoluta ovvero relativa ovvero da inefficacia. Tuttavia, l’approvazione scritta non occorre se la clausola abusiva riproduce un uso normativo ovvero se essa è prevista in un regolamento approvato con decreto ministeriale; se essa è il frutto di trattative specifiche; se il contratto ha la forma dell’atto pubblico, dovendo il notaio ivi accertare se lo stesso sia il frutto della volontà di ambedue le parti; se il contenuto è stato pattuito fra contrapposte associazioni di categoria; in caso di disposizioni statutarie di un’associazione, perché la comunanza di scopo esclude la contrapposizione di interessi. Invece, se si tratta di contratti fra professionisti e consumatori, questi ultimi sono per antonomasia la parte più debole destinataria della tutela legislativa. In materia di contratti di assicurazione, si è affermato che le clausole di detti contratti che prevedono, a carico dell’ assicurato, l’onere di comunicare ad ogni scadenza taluni elementi tali da modificare il rischio negoziale con conseguente rideterminazione del premio vanno annoverate fra quelle che necessitano di specifica approvazione scritta da parte dell’ aderente (Cass., 18.2.05, n. 3370, in Italgiure, Web). Altro orientamento ritiene, invece, che spetta all’assicurato l’onere della comunicazione tempestiva degli elementi variabili all’ ente assicuratore.-
La clausola in esame, nel significato accolto dal Giudice di merito, non riproducendo lo schema dell'articolo 1901 c.c. e non rappresentandone affatto una puntuale applicazione, si risolve in un grave vulnus all'equilibrio tra le prestazioni e si connota di onerosità per la parte aderente, rientrando così a pieno titolo nella categoria di quelle clausole che stabiliscono, a favore del predisponente, la facoltà di sospendere l'esecuzione del contratto.
Per concludere, la clausola in esame, così come interpretata dal Giudice di merito sulle orme di un indirizzo giurisprudenziale non più condivisibile, ovvero nel senso che basti la mancata comunicazione dei dati variabili anche solo nel primo termine contrattuale, quello di sessanta giorni dalla fine del periodo assicurativo, per determinare ipso jure la sospensione della garanzia, assume chiaro carattere di onerosità e come tale richiede la specifica approvazione per iscritto, ai sensi degli articoli 1342, comma 2, e 1341, comma 2 del Codice civile, pacificamente non apposta, in relazione al patto de quo, nella polizza di cui trattasi (Cass. civ., 18.2.05, n. 3370, in Italgiure, Web).-
Il Legislatore ha definito come vessatorie le clausole abusive inserite nei contratti stipulati con i consumatori. Ancorché l’aggettivazione di vessatorietà sia quella più frequente nella prassi, quella di abusività è maggiormente conforme al linguaggio comunitario.-
E’ ammissibile l’alterazione della disciplina legale dispositiva in favore della parte predisponente le condizioni generali di contratto, soltanto quando non sia frutto di imposizione unilaterale, dovuta a preponderante forza contrattuale, e sia invece specificamente negoziata o compensata con vantaggi corrispettivi (App. Roma, 24.9.02, in www.overlex.com).-
A ciò aggiungasi che gli artt. 33 e 38 del d. lgs. n. 206/05 concernono non soltanto i contratti stipulati mediante condizioni generali di contratto, anche se più frequenti in ragione delle connotazioni proprie della distribuzione di massa, bensì anche quelli predisposti od utilizzati da un professionista per un singolo contratto con un consumatore. Nella disciplina del Codice del consumo sono stati trasfusi gli artt. 1469 - bis e seg. c.c. e si sono previste sia la sanzione della nullità protettiva, sia la possibilità per le associazioni rappresentative di cui all’ art. 137 di agire con l’azione inibitoria, in conformità della procedura di cui all’ art. 140, onde ottenere, anche in via d’urgenza, la rimozione delle clausole contrattuali illecite. Nella parte quinta si regolamenta un sistema teso ad evitare il contenzioso giudiziario mediante l’ introduzione di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, attribuendo la legittimazione attiva alle associazioni di cui al citato art. 137 per la tutela degli interessi collettivi di consumatori ed utenti. Per clausole vessatorie (art. 33 d. lgs. n. 206/05) si intendono quelle clausole che, sebbene non contrarie alla buona fede oggettiva in quanto fondate su interessi apprezzabili del professionista, si traducono per il consumatore in uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi scaturenti dal contratto.- Nei contratti fra consumatori e professionista, ai fini dell’ accertamento dell’ abusività di una clausola, l’espressione “malgrado buona fede“ impiegata dal Legislatore significa che la buona fede soggettiva accertata in capo al professionista non elimina il carattere abusivo di una clausola di cui venga accertato l’elemento oggettivo del significativo squilibrio contrattuale(App. Roma, 24.9.02).-
Per l’accertamento in ordine alla vessatorietà si procede in conformità al successivo art. 34, come peraltro accadeva secondo la pregressa disciplina, ossia si valuta quel singolo contratto per come esso si conforma verificando la natura del bene o del servizio, delle circostanze esistenti all’ atto della conclusione dello stesso, dell’ insieme delle clausole negoziali, nonché di altro contratto allegato da cui esso dipende. La vessatorietà, quindi, non tange la determinazione dell’ oggetto del contratto, né l’ adeguatezza del corrispettivo dei beni o servizi, purché tali elementi siano enucleati chiaramente (art. 34, nn. 1 e 2, d. lgs. n. 206/05). Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge o convenzioni internazionali o che sono state oggetto di trattativa individuale o, con onere della prova a carico del professionista, di trattativa specifica in caso di moduli o formulari. L’ elencazione delle clausole vessatorie, presunte come tali fino a prova contraria, ne include una ventina; come tali, affette da nullità, sebbene il contratto si serbi efficace. Non si applica l’art. 1419 c.c.. L’inefficacia opera solo in favore del consumatore, ma è rilevabile di ufficio dal Giudice. Le clausole ex art. 33 citato, n. 2, lett. a),b),l), si presumono abusive. Il venditore, cui sia stato imposto dal fornitore l’ utilizzo nella contrattazione con i propri clienti certe clausole poi dichiarate vessatorie, ha diritto di agire verso costui per il risarcimento del danni ex art. 2043 c.c. o, meglio, se si ammette che il terzo possa rispondere ex art. 1337 c.c., per responsabilità precontrattuale, perché l’obbligo imposto dal fornitore incide sulla trattativa contrattuale fra venditore e cliente e così determina l’ assoluta inefficacia di clausole di questo contratto. Rilevante differenza rispetto alla previgente disciplina (art. 1469 – quinquies c.c.) è quella per cui, a fonte della abusività della clausola, viene comminata la nullità e non la mera inefficacia e ciò diversamente che dall’ art. 1341 c.c.. Dunque, trattasi di un regime di nullità speciali o di protezione di una categoria considerata più debole che è quella dei consumatori rispetto a quella degli imprenditori o, comunque, facenti capo a poteri forti. Di conseguenza, gli artt. 1418 e seg. c.c. si applicano in via sussidiaria o residuale limitatamente ai profili non regolamentati dalle nuove disposizioni. La legittimazione attiva ad ottenere la declaratoria di nullità spetta al consumatore, ma il Giudice può procedere d’ ufficio rilevando la vessatorietà delle clausole e, quindi, la loro nullità. Ciò determina conseguenze di rilievo in tema di regime prescrizionale rispetto alla semplice inefficacia.-
TIPOLOGIA DELLE CLAUSOLE VESSATORIE NEI RAPPORTI DI MEDIAZIONE
Nel rapporto di mediazione tipico, come delineato dal codice civile, ambedue le parti hanno la possibilità di recedere liberamente. Peraltro, nella forma contrattuale atipica, assolutamente prevalente, è di solito inserita una clausola di irrevocabilità per il consumatore, il quale si obbliga a mantenere l’incarico per un certo periodo di tempo. Tale clausola produce l’effetto di attribuire solo al mediatore la facoltà di recedere dall’incarico ricevuto ed integra, pertanto, l’ipotesi prevista dall’art. 1469 - bis, 3° co., n. 7, c.c. Ispirata ad un maggiore equilibrio contrattuale risulta essere, invece, la previsione della facoltà di recesso per entrambe le parti, previo pagamento di una somma determinata a titolo di multa penitenziale (art. 1373, 3° co., c.c.).-
La giurisprudenza di merito, nell’ambito dei contratti stipulati fra consumatore e mediatore, mentre considera meno severamente la clausola di esclusiva ex se, la quale, può essere anche ritenuta idonea a soddisfare il legittimo interesse della professionista a svolgere il proprio lavoro per un certo periodo di tempo assicurandosi una remunerazione per i costi dell'organizzazione utilizzata a tal fine, reputa alquanto più rigorosamente la correlata clausola penale, laddove essa si traduca in una forfettizzazione del danno scaturente dalla violazione del suddetto patto di esclusiva per un importo pari alla provvigione dovuta in caso di buon esito dell’ affare.-
Tale previsione si sostanzia in un significativo squilibrio sinallagmatico ovvero in vessatorietà, soprattutto laddove l'agenzia incaricata non sia poi in grado di dimostrare, attraverso materiale probatorio adeguato, che l'importo così determinato sia giustificato alla luce dalle spese effettivamente sostenute (Appello Milano, 23.7.04, I Contratti, n. 12/2005, 1113).-
Se l'agente immobiliare si presenta al domicilio dell’alienante e gli fa ivi sottoscrivere un incarico di vendita in esclusiva sottoponendogli un formulario prestampato, sarà invocabile la specifica disciplina dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali di cui al d. lgs. n. 50/92 confluito nel Codice del Consumo ( d. lgs. n. 206/05 ) ( artt. 45 e segg.).-
Il cliente - consumatore potrà, dunque, avvalersi del diritto di recesso senza incorrere in penalità alcuna e senza necessità di esplicitare le ragioni del proprio recesso entro il termine e le modalità prescritte (dieci giorni lavorativi e raccomandata con avviso di ricevimento).Invero, l'esclusione di cui all'art. 46, 1° co. lett. a) del d. lgs n. 206/05, secondo cui la disciplina sul diritto di recesso è dichiarata inapplicabile ai contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili ed i contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili, con eccezione dei contratti relativi alla fornitura di merci e alla loro incorporazione in beni immobili e dei contratti relativi alla riparazione di beni immobili non tange gli accordi per la prestazione di servizi di intermediazione professionale accessori alla alienazione di un immobile.-
E’ stata ritenuta vessatoria la clausola che impone al consumatore, in caso di inadempimento, il pagamento di una penale di importo pari alla provvigione. Tale penale è da qualificarsi vessatoria ex art. 1469 - bis, co. 3° n. 6 c.c., nelle ipotesi in cui il mediatore, all’atto dell’insorgenza del su...
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