Loading…
Se il regolamento condominiale può contenere delle clausole limitatrici delle facoltà d’uso delle porzioni di piano di proprietà esclusiva.-
ABSTRACT: Il regolamento condominiale può contenere delle clausole limitatrici delle facoltà d’uso delle porzioni di piano di proprietà esclusiva. Tali clausole sono legittime anche nel caso in cui sia stato adottato il criterio misto, ossia qualora tali limitazioni siano state indicate sia attraverso l’elencazione espressa degli usi non consentiti, sia facendo riferimento ai pregiudizi che un uso (non consentito) potrebbe comportare.


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 1 aprile - 18 settembre 2009, n. 20237

(Presidente Triola - Relatore Petitti)

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 9 febbraio 1999, l'amministratore del Condominio di via Cavour nn. 15-17, ang. Via Toti, in Alpignano, conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Torino, la Alpignano Coppe snc, esponendo che il sig. E. D., a far data dal mese di maggio 1998, conduceva in locazione un locale, di proprietà della Alpignano Coppe snc, sito in via Toti n. 3, nel quale aveva aperto un circolo privato denominato “Ritrovo amici alpignanesi”; che ciò aveva comportato pregiudizi per i restanti condomini a causa degli schiamazzi degli avventori e delle immissioni di odori sgradevoli dalle cucine; che il regolamento condominiale, all'art. 12, vietava l'indicata destinazione dei locali; che, pur se l'assemblea condominiale del 29 giugno 1998 aveva respinto l'istanza del D. di aprire un circolo privato, egli aveva invece proceduto all'apertura. Tanto premesso, il Condominio ricorrente chiedeva che la convenuta fosse condannata a cessare la destinazione abusiva dei locali e a risarcire i danni patiti dal condominio.

Costituitosi il contraddittorio, la Alpignano Coppe snc contestava la domanda e chiedeva comunque la chiamata in causa del D. ex artt. 102 e 107 cod. proc. civ.

Autorizzata la chiamata, il terzo si costituiva deducendo di non essere stato a conoscenza dell'art. 12 del regolamento condominiale e che comunque l'attività di bar-ristorazione in questione aveva ottenuto le autorizzazioni comunali e non comportava alcuno degli usi vietati dal regolamento.

Istruita la causa anche a mezzo di ctu, il Tribunale di Torino, con sentenza in data 3 luglio 2001, respingeva le domande del Condominio, che condannava al rimborso delle spese processuali in favore sia della convenuta che del chiamato in causa.

Proponeva appello il Condominio e, ricostituitosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Torino, con sentenza in data 28 gennaio 2004, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che l'attività svolta nei locali di proprietà della Alpignano Coppe snc era vietata dal regolamento condominiale e condannava gli appellati a cessare detta attività, nonché a rimborsare all'appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio.

La Corte, dopo aver ricordato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai rapporto tra regolamenti condominiali e attività consentite ai condomini nelle singole unità immobiliari, nel senso che i divieti e i limiti possono essere formulati nei regolamenti sia mediante la elencazione delle attività vietate, sia mediante il riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare, riteneva che l'art. 12 del regolamento condominiale contenesse un vero e proprio divieto di svolgimento dell'attività in concreto svolta dalla società Alpignano Coppe. Il regolamento prevedeva infatti che i condomini non potessero fare uso della proprietà individuale «in contrasto con la moralità, la tranquillità e il decoro della casa» essendo in particolare vietato di «destinare i locali dell'edificio ad uso albergo, pensione, sale di società per trattenimenti e gioco».

La Corte territoriale rilevava quindi che, per statuto, la società appellata aveva lo scopo di promuovere e gestire attività culturali, turistiche, ricreative, motorio-sportive, assistenziali, proponendosi in particolare di ritrovarsi in un locale aperto all'intrattenimento societario, potendo, per raggiungere i propri fini, creare strutture proprie ovvero utilizzare quelle esistenti sul territorio.

Rilevava altresì che dalla istruttoria espletata era emerso che il circolo costituiva luogo di ritrovo, di aggregazione e di trattenimento di un numero indefinito di persone, che accedevano liberamente e si trattenevano nei locali, svolgendovi attività di conversazione, di gioco di carte e di dama, e di ascolto della radio e della televisione, usufruendo anche del servizio di somministrazione di cibo e bevande. In sintesi, dalla espletata istruttoria, era emerso che nei locali era stata svolta un'attività conforme a quella descritta nello statuto come “ricreativa”, pienamente rientrante in quella che, con la diversa formulazione di “sala di società per trattenimenti e giochi”, il regolamento condominiale vietava.

Né una simile conclusione poteva essere contrastata dal fatto che il circolo era aperto durante i giorni feriali fino alle ore 19-20 e solo il sabato e la domenica fino alle ore 22-23; che l'attività era svolta con il rispetto delle ordinarie regole di civile convivenza e che al circolo avevano accesso solo i soci, posto che per diventare soci non erano prescritti requisiti particolari. Né, proseguiva la Corte, poteva rilevare il fatto che le attività svolte nel circolo non fossero diverse da quelle che avrebbero potuto essere svolte nelle mura domestiche, posto che ciò che connotava il locale come sala di società era la possibilità di libero accesso, di frequentazione e di permanenza da parte di una moltitudine indefinita di persone durante tutto il periodo di apertura al pubblico.

In sostanza, la Corte riteneva che l'attività svolta nel circolo rientrasse tra quelle espressamente vietate dal regolamento condominiale; e ciò escludeva la necessità di verificare se in concreto detta attività arrecasse i pregiudizi alla tranquillità e alla moralità che il condominio aveva inteso evitare.

Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto autonomi ricorsi sia D. E., sulla base di due motivi, illustrati da memoria, sia la Alpignano Coppe snc, articolando anch'essa due motivi; l'intimato Condominio non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, in quanto rivolti avverso la medesima sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

Con il primo motivo, il ricorrente D. lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.

Il ricorrente ricorda che l'art. 12 del regolamento condominiale dispone che i condomini non possono utilizzare i locali oggetto di proprietà esclusiva «in contrasto con la moralità, la tranquillità e il decoro della casa stessa. È perciò vietato destinare i locali dell'edificio ad uso albergo, pensione, sale di società per trattenimento e gioco (...) scuole di musica, canto o ballo, attività rumorose o comunque pericolose». Ritiene quindi che la Corte d'appello abbia violato i canoni ermeneutici posti dal citato articolo 1362 cod. civ., laddove ha ritenuto che nel caso di specie il Condominio abbia adottato sia il criterio della individuazione delle attività espressamente vietate, sia quello della idoneità delle attività in concreto svolte ad arrecare i pregiudizi che si intende invece evitare.

Al contrario, dalla semplice lettura della norma regolamentare e dall'avverbio “perciò”, si sarebbe dovuto desumere che il regolamento abbia inteso strettamente legare la prima parte della disposizione alla seconda, nel senso che le attività da ritenersi vietate a termini di regolamento devono tutte e necessariamente avere il comune denominatore della contrarietà con la moralità, la tranquillità e il decoro del condominio. L'avverbio “perciò”, infatti, ha una portata chiaramente esplicativa, chiarificatrice e induce quindi a ritenere che l'elencazione non rappresenti un criterio a sé stante e che abbia invece uno scopo meramente esemplificativo. L'esclusione della opzione per il criterio misto, del resto, sarebbe resa evidente dal rilievo che il secondo comma dell'art. 12 fa riferimento ad attività rumorose e comunque pericolose, espressioni, queste, che certamente non sarebbero state utilizzate se alla indicazione contenuta nella norma regolamentare si fosse voluto riconoscere la portata di vietare espressamente dette attività.

Risulterebbe quindi evidente la violazione, da parte della sentenza impugnata, anche dell'art. 1363 cod. civ., il quale impone al giudice di interpretare le clausole l'una per mezzo delle altre, attribuendo alle stesse il senso risultante dal complesso dell'atto. In particolare, poi, per accertare se una determinata attività potesse essere configurata come sala di trattenimento, sarebbe stato necessario individuare quale fosse la concreta destinazione della stessa.

In ogni caso, osserva la ricorrente, la Corte d'appello avrebbe violato l'art. 1362 cod. civ., in quanto l'art. 12 citato, insuscettibile di interpretazione estensiva, non prevedeva che l'attività svolta dal circolo rientrasse espressamente tra quelle vietate dal secondo comma. Al contrario, la Corte d'appello ha identificato l'attività svolta dal circolo quale vera e propria sala di trattenimento e gioco, alla luce delle finalità del circolo come delineate dallo statuto. Ma delle molteplici finalità statutarie, la Corte ha valorizzato quella delle attività ricreative e ha identificato tale attività con quella della sala di trattenimento e di gioco sulla base di criteri discutibili. Innanzitutto, il criterio letterale non avrebbe dovuto indurre ad una simile equiparazione, tenuto conto che il regolamento condominiale era stato predisposto circa trenta anni prima. Inoltre, delle molte attività statutariamente previste, nessuna presenta i caratteri della pericolosità e della rumorosità, indicati dall'art. 12 come caratteristici delle attività vietate. Né le attività statutariamente previste sono assimilabili a quelle che si svolgono in alberghi e pensioni o bar. In sostanza, nel ritenere che la volontà negoziale sottostante alla disposizione regolamentare fosse quella di impedire genericamente che all'interno delle proprietà esclusive si svolgessero iniziative atte a consentire l'accesso, la frequentazione e la libera permanenza da parte di una moltitudine indefinita di persone, la Corte territoriale avrebbe travisato la portata della disposizione stessa, la quale, nel vietare l'insediamento di società di trattenimento e gioco, chiaramente intendeva riferirsi ad attività quali il gioco d'azzardo o le scommesse, e cioè attività caratterizzate da una marcata immoralità e da una maggior riprovevolezza a livello sociale. E del resto, nel condominio risulta essere presente anche un bar, e cioè un esercizio che, seguendo l'interpretazione data dalla Corte d'appello alla disposizione regolamentare, avrebbe dovuto essere ritenuto non consentito o vietato dal regolamento condominiale.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e ss. cod. proc. civ., dell'art. 12 del regolamento condominiale e vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria.

La Corte d'appello avrebbe errato nella valutazione delle prove, nel senso che, mentre dall'istruttoria espletata era emerso che l'attività principale svolta nei locali del circolo era quella di ristorazione e di intrattenimento della clientela con il gioco delle carte o la visione di alcuni programmi televisivi, la sentenza impugnata ha svilito proprio l'attività di ristorazione, certamente non vietata dal regolamento condominiale.

Il ricorrente, da ultimo, si duole della mancata ammissione dei mezzi istruttori volti a dimostrare l'esistenza, nel medesimo condominio, del bar Cavour.

Sulla base di argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili, la ricorrente Alpignano Coppe snc, con il primo motivo, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., nonché il vizio di insufficiente ed illogica motivazione, e, con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e ss. cod. proc. civ., dell'art. 12 del regolamento condominiale e vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria.

I ricorsi, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della connessione delle censure proposte, sono infondati.

Occorre premettere, in linea generale, che «L'interpretazione di un regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione» (Cass., n. 9355 del 2000). «Ne consegue che il ricorrente per cassazione che denunzi ...

... continua
La versione completa è consultabile sul sito mediante registrazione