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Se i patti di esclusiva e di irrevocabilità temporanea sono compatibili con il rapporto di mediazione.-
ESTRATTO DELLA SENTENZA: “ […] i patti di esclusiva e di irrevocabilità temporanea sono compatibili con il rapporto di mediazione, in quanto rappresentano delle semplici cautele ai fini di un non motivato ripensamento del proponente, legittimamente consentito nell'ambito dei poteri di autonomia spettanti alle parti”

TESTO DELLA SENTENZA


MEDIAZIONE
Cass. civ. Sez. III, 22-04-2009, n. 9547
Fatto Diritto P.Q.M.


Svolgimento del processo


Con sentenza 27 settembre 2002 il tribunale di Firenze ha condannato la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. al pagamento in favore di P.M. della somma di Euro 20.658,20, oltre rivalutazione monetaria e interessi a titolo di risarcimento dei danni per l'inadempimento della banca a un contratto di mediazione con patto di esclusiva stipulato inter partes il 23 novembre 1994, diretto alla vendita di un immobile, e violato dalla banca la quale, mentre il rapporto era ancora in vigore, aveva venduto l'immobile tramite la mediazione di altro operatore.
Gravata tale pronuncia dalla soccombente Banca, nel contraddittorio del P. che, costituitosi in giudizio ha chiesto il rigetto della avversa impugnazione, la Corte di appello di Firenze con sentenza 3 giugno - 4 novembre 2005 in parziale riforma della sentenza impugnata ha quantificato in Euro 500,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi, con decorrenza dalla data della sentenza di primo grado, la somma dovuta al P., con condanna dell'appellato a rimborsare quanto percepito in esecuzione della sentenza del primo giudice in eccedenza della somma risultata dovuta, compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso P.M., affidato a un unico motivo e illustrato da memoria, resiste, con controricorso e ricorso incidentale, affidato pur esso a un unico motivo e pur esso illustrato da memoria, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.

Motivi della decisione

1. I vari ricorsi, tutti proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
2. Il rapporto inter partes - ha evidenziato, in primis - la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione, deve inquadrarsi nello schema giuridico della mediazione e non in quello del mandato.
Gli elementi del rapporto inter partes - hanno sottolineato quei giudici - in particolare il diritto alla provvigione condizionato alla conclusione dell'affare la posizione neutrale dell'operatore e la causa negoziale, sono essenzialmente quelli della mediazione.
L'incarico conferito al P. - infatti - si precisa in sentenza - prevedeva l'incarico con clausola di esclusiva, e entro il termine di 90 giorni prorogabile tacitamente in mancanza di disdetta, di reperire proposte di acquisto dell'immobile di proprietà della banca, ferma la facoltà della stessa di accettarle o meno a sua discrezione e con diritto dell'incaricato alla provvigione (2%) solo in caso di conclusione della vendita.
Esclusa - stante la genericità del testimoniale del tutto generico, senza indicazione delle circostanze di luogo e di persona necessarie alla collocazione storica del fatto - la ammissibilità delle prove testimoniali invocata dalla Banca e dirette a far risultare una sorta di revoca del mandato, la Corte di appello ha evidenziato:
- è inesatto l'assunto di nullità del patto di esclusiva per la mancata prefissione di un termine di durata non eccessivamente lungo, atteso che la nullità potrebbe essere ipotizzata in presenza di clausola di stabilità vincolante in maniera unilaterale, ma non nella specie, dove, superato il termine iniziale di 90 giorni e entrato il rapporto in regime di proroga tacita la Banca aveva la facoltà di revocare pressoché ad libitum e senza onere economico alcuno, l'incarico;
- deve escludersi, contemporaneamente, una revoca tacita, o meglio, una risoluzione reciproca per il fatto che il rapporto a lungo andare non sia stato più coltivato, almeno apparentemente, da alcuna delle parti;
- il negozio di revoca, seppure ottenibile attraverso un comportamento tacito concludente, esige pur sempre un minimo di attività volta a significare l'intento della parte, e tale non è, di per sé, la semplice inerzia che può denotare una semplice attesa e non necessariamente una volontà di abbandono;
- l'inadempimento della Banca, rivoltasi a altro mediatore quando era ancora formalmente legata dal patto di esclusiva con l'appellato quindi ci fu.
3. Con l'unico motivo del suo ricorso incidentale - che per motivi logici deve essere esaminato con precedenza rispetto al ricorso principale (con il quale si censura esclusivamente il quantum del risarcimento attribuito dai secondi giudici al P., in conseguenza dell'inadempimento della controparte) - la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. denunzia violazione o falsa applicazione dell'art. 1754 c.c., in relazione all'art. 1372 c.c.. Carenza o contraddittorietà di motivazione su un punto decisivo della controversia.
La Banca lamenta, in particolare:
3.1. In primis la mancata ammissione dei seguenti capitoli di prova:
- [vero che] "nel corso dell'anno (OMISSIS) e comunque in epoca antecedente al (OMISSIS) di quell’anno è stato reso noto al sig. P.M. che il mandato a procurar la vendita delle porzioni immobiliari in (OMISSIS), al medesimo affidato in data (OMISSIS) dalla Monte Paschi Leasing era da intendere revocato";
- [vero che] "il sig. P.M. prese atto della revoca senza nulla eccepire".
Si osserva, infatti, che la circostanza di fatto articolata nel capitolo era esattamente individuata nel tempo e l'azione di revoca chiaramente riferita alla Banca, unica legittimata a porla in essere.
3.2. La contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata atteso che questa, dopo avere, da un lato, ritenuto generica la prova come articolata ancorché in questa si facesse espressa menzione della revoca dell'incarico] afferma, dall'altro, che la Banca aveva la facoltà di revocare pressoché ad libitum l'incarico (così che si sarebbe potuto dare ingresso a un prova intesa a dimostrare la revoca al di là del fatto che tale manifestazione di volontà fosse caratterizzata dai requisiti di decisività che rendono apprezzabile la mancata ammissione della medesima).
3. 3. Sussiste violazione dell'art. 1372 c.c., - oltre che di nuovo vizio di carenza di motivazione - per avere i giudici del merito apoditticamente ritenuto inidonea a configurare una vicenda estintiva del rapporto per contegno concludente la protratta inerzia delle parti nel coltivare il rapporto, inerzia che doveva essere apprezzata anche alla luce delle circostanze di fatto dedotte nel capitolo di prova riportato e cioè l'assenza di qualsiasi contestazione del P.M. a fronte della comunicazione di revoca dell'incarico, oltre che della stessa facilità di revoca o recesso dal contratto ritenuta dalla Corte.
4. Il motivo non può trovare accoglimento.
Sotto nessuno dei molteplici profili in cui si articola.
4.1. Quanto al primo (dei sopra riassunti profili) si osserva - alla luce di risalente e costante giurisprudenza - che la deduzione della prova per testi non può avvenire in modo generico ed impreciso, ma deve essere fatta mediante l'indicazione specifica dei fatti da provare, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di adeguata difesa (Cass. 24 febbraio 1987, n. 1938, nonché, sempre nella stessa ottica, Cass. 26 ottobre 2005, n. 20682, nonché Cass. 11 settembre 1997, n. 8924).
Pacifico quanto precede è evidente che correttamente i giudici del merito non hanno dato ingresso alla prova nei termini come dedotti.
Non solo non è stato, in alcun modo, fissato “temporalmente” l'episodio sul quale dovevano riferire i testi - essendosi la circostanza dedotta verificata in un non determinato momento, lungo un arco di ben 10 mesi (cioè tra il 1^ gennaio e il 30 ottobre 1996) - ma i capitoli di prova non specificavano:
- né “il luogo” in cui la circostanza si sarebbe verificata (negli uffici del P., o, piuttosto, in quelli della Banca ricorrente incidentale o, ancora, in altro luogo);
- né, ancora, le “modalità” della “comunicazione” (a mezzo telefono, o, piuttosto in occasione di un colloquio diretto);
- né - infine - il “soggetto” che per conto della Banca avrebbe comunicato al P. l'intenzione della Banca stessa di non rinnovare ulteriormente l'incarico di mediazione.
Tutti tali elementi, a giudizio di questa Corte, rendevano estremamente generiche le prove dedotte, atteso che non consentivano alla controparte di dedurre idonea prova contraria, e giustificano - pertanto - pienamente il giudizio di inammissibilità della prova espresso dal giudice a quo.
4.2. Esclusa - alla luce delle considerazioni esposte sopra - la ammissibilità della prova dedotta, non esiste, palesemente, alcuna contraddizione tra la mancata ammissione della prova stessa e l'affermazione, pur essa contenuta nella motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la banca aveva la facoltà di revocare ad libitum (e quindi senza la utilizzazione di formule solenni) l'incarico.
La prova, infa...

... continua
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