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L’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione
L'assegnazione della casa coniugale in caso di separazione dopo la L. 54/2006
Articolo di Matteo Santini 14.03.2007

L’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione (ai sensi della  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=10290" legge n. 54 del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=10290" 8-2-2006)
di Matteo Santini
Il diritto dell’assegnatario di un’abitazione già adibita a casa coniugale, si configura come un atipico diritto personale di godimento, trascrivibile e opponibile a terzi ai sensi dell'articolo 2643 del codice civile.
Con riferimento all’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione o divorzio il nuovo testo dell’articolo 155-quater. del codice civile dispone che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli.
La norma contempla esclusivamente il criterio d’elezione che deve ispirare l’organo giudicante al momento dell’emissione del provvedimento di assegnazione ma non indica quali sono i criteri secondari sulla base dei quali deve essere orientata la scelta in caso di assenza di prole. Tale omissione, forse scientemente voluta dal legislatore, lascia ovviamente alle Corti di merito un vasto margine di discrezionalità relativamente all’assegnazione della casa coniugale.
E’ lapalissiano che il Giudice nel valutare a quale dei coniugi assegnare la casa coniugale, debba necessariamente valutare l’esistenza di diritti e titoli sull’immobile in capo ai coniugi. Qualora uno dei coniugi risulti essere proprietario esclusivo dell’immobile e non vi sono figli conviventi, la scelta del giudice sarà presumibilmente orientata verso l’assegnazione della casa al coniuge proprietario o che vanta sull’immobile un diritto reale di godimento esclusivo. L’eccezione potrà essere rappresentata, a giudizio dello scrivente, da situazioni eccezionali, quali gravi patologie a carico del coniuge non proprietario, il quale necessiti di assidue cure domiciliari e che non sia in condizioni di poter lasciare l’immobile senza gravi pregiudizi per il proprio stato di salute (coesisterebbero in tal caso due diritti costituzionalmente garantiti quali il diritto alla salute ed il diritto di proprietà e restando quest’ultimo intatto in capo al detentore di tale diritto, ben potrebbe ipotizzarsi una limitazione temporanea nell’esercizio del diritto di proprietà per favorire l’esercizio di un altro diritto costituzionalmente garantito quale il diritto alla salute).
In assenza di ipotesi eccezionali l’assegnazione della casa risulterà essere a favore del coniuge proprietario o che vanta diritto reale o personale di godimento e addirittura qualora il Giudice nel provvedimento di divorzio non faccia cenno alcuno all’assegnazione dell’abitazione, l’utilizzo esclusivo della stessa risulterà essere automaticamente a favore del soggetto proprietario esclusivo.
A tal proposito la Corte di Appello di Roma con sentenza del 26 Gennaio 2005 ha sancito che in assenza di prole minore o maggiorenne non ancora economicamente autonoma da tutelare a mezzo della corresponsione del domicilio familiare, il giudice non è tenuto a disporre in ordine all'assegnazione dell'immobile che rientra naturalmente nella disponibilità del proprietario. Pertanto deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere sul capo relativo all'assegnazione della casa coniugale (vedi anche Cass. Civ. 4753 del 28 marzo 2003 e Cass. Civ. 2214 del 14 febbraio 2003).
L’assegnazione della casa coniugale non rappresenta infatti una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare in mantenimento del coniuge più debole ma in via prioritaria un provvedimento diretto alla tutela dei figli minorenni o maggiorenni conviventi e non autosufficienti affinché questi possano continuare a vivere nell’ambiente domestico e nell’habitat in cui sono cresciuti e cioè il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si è fino a quel momento espressa e articolata la vita familiare.
Anche la Suprema Corte con sentenza n. 12309 del 06.07.2004 ha statuito che” In materia di separazione e di divorzio, l’assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dall'art. 6, sesto comma, della legge n. 898 del 1970 (come sostituito dall'art. 11 della legge n. 74 del 1987), risulta finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, non potendo essere disposta, a mo' di componente degli assegni rispettivamente previsti dall'art. 156 c.c. e dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, a garanzia delle quali sono destinati unicamente gli assegni sopra indicati, onde la concessione del beneficio in parola resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento di figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ed economicamente non autosufficienti, laddove, nell'ipotesi in cui l'alloggio "de quo" appartenga in proprietà ad uno solo dei coniugi e manchino figli in possesso dei requisiti anzidetti, il titolo di proprietà vantato da quest'ultimo preclude ogni eventuale assegnazione dell'immobile all'altro, rendendo poi ridondante e superflua ogni e qualsivoglia pronuncia di assegnazione in favore del coniuge proprietario”.
Id est risulta chiaro come il legislatore prima e la giurisprudenza dopo abbiano inteso attribuire al provvedimento di assegnazione una natura prevalentemente conservativa dell’ambiente domestico a favore dei figli e non già un'impropria finalità di forma di contribuzione economica, in quanto quest’ultima deve realizzarsi esclusivamente mediante la corresponsione di un assegno periodico o una tantum.
E’ comunque chiaro come la concessione del beneficio dell’uso della casa coniugale comporti indubbi vantaggi economici, specie in considerazione del risparmio monetario a favore del coniuge assegnatario. L’assegnazione si ripercuote pertanto necessariamente sull’equilibrio patrimoniale tra i coniugi determinando un arricchimento del coniuge assegnatario, rappresentato dal risparmio relativo all’acquisto o all’affitto di un’altra casa, ed un impoverimento del coniuge non assegnatario, rappresentato dal costo per l’acquisto o per la locazione di una nuova abitazione.
Nonostante l’assegnazione della casa coniugale non integri una componente diretta delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio,o una forma surrettizia di contribuzione economica, alla Giurisprudenza non è certo sfuggita ogni opportuna considerazione circa i vantaggi economici, derivanti al coniuge assegnatario.
E’ opportuno rilevare come la lettera dell’articolo 155 quater del codice civile in riferimento all’assegnazione della casa coniugale, consideri come elemento non esclusivo ma solo prioritario per effettuare la scelta, l’interesse dei figli.
Questo significa che pur essendovi un criterio di “scelta”, tuttavia, il Giudice non è obbligato a disporre l'assegnazione al coniuge economicamente più debole (che non vanti sulla stessa diritti reali o di godimento), neanche se ad egli siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l'equilibrio delle condizioni...

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