Loading…
Riscossione dei contributi condominiali e impugnazione delle delibere condominiali
Spese condominiali: decreto ingiuntivo e impugnazione di delibera assembleare
Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 27.02.2007 n° 4421

In sede di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto per la riscossione dei contributi condominiali sulla base dello stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il giudice non può sospendere il giudizio in attesa della definizione del diverso giudizio d'impugnazione, ex art. 1137 c.c., della deliberazione posta a base del provvedimento monitorio opposto.
E' questo il principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 4421 del 27 febbraio 2007, che risolve il contrasto di giurisprudenza emerso sulla questione.
(Altalex, 19 marzo 2007)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
SENTENZA 27 febbraio 2007, n. 4421
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Bassano del Grappa, con sentenza 30 aprile 2002, disattesa l'istanza di sospensione, respinge l'opposizione proposta da M.C. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal supercondominio denominato Complesso Residenziale Le Laite e Calmasino sito in Conco (VI), relativamente al pagamento di spese condominiali per circa 1.518.000 lire, sulla considerazione: che non sussistesse rapporto di pregiudizialità necessaria tra l'opposizione al decreto ingiuntivo e l'impugnazione delle deliberazioni assembleari poste a base dell'istanza in monitorio; che risultasse documentalmente provata l'esistenza sia del supercondominio istante sia del condominio Calmasino R/S, autonomi e con proprie assemblee deliberanti; che il condominio Calmasino R/S fosse uno degli edifici del supercondominio usufruente d'impianti comuni; che gli immobili dell'attore facessero parte d'entrambi gli enti di gestione amministrati dal rag. G.; che il credito azionato risultasse da bilanci regolarmente approvati con deliberazioni assembleari esecutive, non impugnate nel termine di cui all'art. 1137 c.c.; che legittimamente il decreto fosse stato richiesto sulla base del preventivo approvato dall'assemblea per spese di gestione quali il riscaldamento e la manutenzione dei servizi comuni. M.C. impugna per cassazione tale sentenza deducendo con le svolte censure: a) violazione degli artt. 116 e 183 del codice di rito per essersi l'amministratore presentato in udienza senza aver preventivamente convocato un'assemblea condominiale onde informare i condomini ed essere autorizzato ad eventuale transazione; b) omessa sospensione del giudizio in violazione dell'art. 295 c.p.c.; c) violazione delle norme codicistiche in tema di comunione e condominio, non esistendo una "soggettività giuridica" denominata Complesso Residenziale Le Laite e Calmasino e non essendo di esso amministratore il "mero mandatario giudiziale" rag. G.; d) difetto di motivazione per illogicità sulla ritenuta coesistenza di condominio e supercondominio. L'intimato Complesso Residenziale resiste con controricorso. Il ricorrente deposita memoria. Con ordinanza interlocutoria 15 luglio 2005, n. 15085, la Seconda Sezione rileva che il secondo motivo di ricorso, concernente la violazione del disposto in tema di sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., involge questione su cui si registra contrasto di giurisprudenza e rimette la causa al Primo Presidente che ne assegna la trattazione alle Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel capo dell'impugnata sentenza con il quale ha disatteso l'istanza, proposta dall'allora parte opponente ed odierna ricorrente, intesa ad ottenere in via preliminare la sospensione del giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 295 c.p.c., il giudice a quo, escludendo il nesso di pregiudizialità necessaria tra giudizio d'impugnazione della deliberazione assembleare e giudizio d'opposizione al decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto sulla base della deliberazione medesima, s'è adeguato all'analoga conclusione cui è da tempo pervenuta, in subiecta materia, la prevalente giurisprudenza di questa Corte, se pure seguendo due diversi ordini d'argomentazioni. Per il primo dei quali, l'esclusione del nesso di pregiudizialità necessaria si spiega considerando che il diritto del condominio alla percezione delle quote di spese erogate per il godimento delle cose e dei servizi comuni non nasce con la delibera assembleare d'approvazione del riparto delle spese stesse, ma è inerente all'effettuata gestione dei detti beni e servizi comuni, allo stesso modo che il fondamento dell'obbligo degli ingiunti di pagare i contributi non si fonda sulla delibera, ma è inerente alla titolarità del diritto reale sull'immobile; onde, non essendo la delibera d'approvazione del riparto delle spese costitutiva del diritto di credito del condominio ma solo dichiarativa di esso, in relazione alla quota di contribuzione del singolo partecipante alla comunione, l'eventuale venir meno della delibera per invalidità non comporta l'insussistenza del diritto del condominio di pretendere la contribuzione alle spese per i beni e servizi comuni erogati, diritto che ben può essere accertato da altra delibera valida, ma comporta solo la perdita d'efficacia del provvedimento monitorio emesso sulla base della delibera invalida; pertanto, la permanenza dell'efficacia della delibera impugnata, salvo il provvedimento di sospensione del giudice, consente l'emissione d'una pronunzia di condanna al pagamento a prescindere dalla validità della delibera. La riportata tesi, recentemente ripresa da Cass. 7 ottobre 2005, n. 19519, e da Cass. 26 gennaio 2000, n. 857, è minoritaria e si richiama sostanzialmente ai precedenti di Cass. 17 maggio 1997, n. 4393, e Cass. 7 luglio 1988, n. 4467, che, a loro volta, richiamano la risalente Cass. 21 maggio 1964, n. 1251, senza considerare come questi avessero trovato la loro occasione in controversie svolgentisi non tra condomino e condominio in ordine all'adempimento dell'obbligazione contributiva dell'uno nei confronti dell'altro, ma tra soggetti succedutisi nella titolarità del diritto di proprietà esclusiva su d'una porzione dell'immobile in ordine all'accertamento della decorrenza della successione dell'acquirente al venditore anche nell'obbligazione medesima, per il che appariva logico e corretto rapportare tale decorrenza, in sede d'accertamento dell'attribuzione dell'onere, nell'ambito dell'obbligazione solidale nei confronti del condominio ex art. 63/II disp. att. c.c. ed in difetto di diversa pattuizione inter partes, all'epoca d'effettivo svolgimento dell'attività gestionale comportante la spesa e la consequenziale obbligazione contributiva piuttosto che a quella della delibera d'approvazione della spesa e del relativo piano di riparto (sul principio dell'ambulatorietà passiva vedansi, peraltro, le diverse opinioni di Cass. 22 febbraio 2000, n. 1956, e Cass. 26 ottobre 1996, n. 9366). Al di fuori di tali ipotesi peculiari, nella dialettica dei rapporti interni tra condominio e condomino, non solo l'obbligo dei singoli partecipanti alla comunione dell'edificio di contribuire al pagamento delle spese effettuate nel comune interesse sorge per effetto della deliberazione con la quale l'assemblea approva le spese stesse, deliberazione che deve sempre intervenire, anche per le spese d'ordinaria gestione, nella forma dell'approvazione del preventivo o quanto meno della ratifica successiva, al più tardi in sede d'approvazione del consuntivo, non potendosi prescindere dall'accertamento della legittimità e dell'entità delle stesse, ma la liquidità del credito condominiale è data solo dalla successiva deliberazione d'approvazione del piano di riparto ovvero dall'elaborazione di questo in conformità alle vigenti tabelle millesimali, nel qual caso trattandosi di semplice operazione matematica; pertanto, il condominio, che agisca nei confronti del condomino onde conseguire il pagamento delle quote da questi dovute, deve dimostrare, anzi tutto, la legittimità della spesa, producendo la relativa delibera d'approvazione ed, in secondo luogo, anche la legittimità della determinazione delle quote, o producendo la delibera d'approvazione del piano di riparto o dimostrando la conformità di questo alle vigenti tabelle millesimali regolamentari. Ne consegue che l'esaminato indirizzo, il cui presupposto ne limiterebbe, in ogni caso, l'applicabilità alle sole ipotesi di controversia concernente i contributi per spese d'ordinaria gestione e manutenzione, non è idoneo a giustificare l'esclusione della sospensione ex art. 295 c.p.c. in pendenza del giudizio sulla validità delle deliberazioni. Non di meno, tale esclusione è affermata anche da altro, ma prevalente, indirizzo sulla considerazione per cui, in tema d'opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63/I disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale, già impugnata in altro giudizio, ma solo questioni riguardanti l'efficacia della medesima. Ciò in quanto le deliberazioni condominiali sono soggette ad impugnativa ai sensi del secondo comma dell'art. 1137 c.c. e tuttavia, per espressa previsione della medesima norma, restano non di meno vincolanti per i singoli condomini, nonostante l'esperita impugnazione, salvo il giudice di questa ne disponga la sospensione dell'efficacia esecutiva, tale delibera costituendo, infatti, ex lege titolo di credito in favore del condominio e, di per sé, prova idonea, ai fini di cui agli artt. 633 e 634 c.p.c., dell'esistenza di tale credito, sì da legittimare non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio d'opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è, dunque, ristretto alla sola verifica dell'esistenza e dell'efficacia della deliberazione assembleare d'approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere. Né sussistono continenza, ex art. 39/II c.p.c. o pregiudizialità necessaria, ex art. 295 c.p.c., tra la causa d'opposizione al decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi del citato art. 63/I disp. att. c.c. e quella preventivamente instaurata innanzi ad altro giudice con l'impugnativa della relativa delibera condominiale ex art. 1137 c.c., in quanto presupposto del provvedimento monitorio è l'efficacia esecutiva della deliberazione condominiale ed oggetto del giudizio innanzi al giudice dell'opposizione è l'accertamento in ordine alla persistenza di tale efficacia e della consequenziale obbligazione di pagamento delle spese dovute dal condomino sulla base della ripartizione approvata con la deliberazione medesima, obbligatoria ed esecutiva finché non sospesa dal giudice competente nell'ambito del giudizio d'impugnazione, mentre oggetto del detto giudizio d'impugnazione è il diverso accertamento in ordine alla validità della delibera medesima; onde, appunto in ragione della diversità della materia del contendere, tra il giudizio d'opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63/I cit. e quello d'impugnazione della deliberazione condominiale in virtù della quale tale decreto è stato concesso non esistendo né continenza né pregiudizialità necessaria, il giudice del primo deve limitarsi ad accertare che il credito ingiunto sia fondato su deliberazioni con le quali siano stati approvati la spesa ed il relativo stato di riparto e che l'opponente fornisca o meno la prova d'aver corrisposto quanto dovuto, in difetto della qual prova deve rigettare l'opposizione, essendo ininfluente, in difetto di sospensione dell'esecutività delle deliberazioni da parte del giudice competente adìto con l'impugnazione ex art. 1137 c.c., che le deliberazioni stesse possano o meno essere invalide sotto qualsivoglia profilo (e pluribus Cass. 7 marzo 2005, n. 4951, 19 ottobre 2004, n. 20484, 17 maggio 2002, n. 7261, 13 ottobre 1999, n. 11515, 18 novembre 1997, n. 11457, 29 agosto 1994, n. 7569). Come evidenziato nell'ordinanza di rimessione, la fondatezza di tale orientamento è stata recentemente contestata (Cass. 11 febbraio 2005, n. 2759, ma già 23 giugno 1999, n. 6384) osservandosi che, in tal modo, viene eluso il problema relativo al rapporto di pregiudizialità, la sussistenza del quale non può essere negata in ragione del fatto che il condomino, in caso d'applicazione dell'art. 295 c.p.c., sarebbe comunque costretto a pagare, quanto meno in via provvisoria, i contributi fissati dalla deliberazione assembleare impugnata, dovendosi invece considerare che, ove il giudizio d'opposizione non venisse sospeso, si potrebbe verificare l'anomalia che tale giudizio potrebbe concludersi con il passaggio in giudicato di una situazione sfavorevole all'opponente in ordine alla sussistenza del credito vantato nei suoi confronti dal condominio, in contrasto con l'annullamento, all'esito del giudizio d'impugnazione, proprio di quella delibera che rappresenta il titolo costitutivo di tale credito; che, in altri termini, il fatto che la sospensione del giudizio d'opposizione non comporterebbe anche la sospensione della delibera impugnata e della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo in base ad essa emesso (in quanto l'art. 298/I c.p.c. dispone soltanto che durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento) non fa venire meno, da un lato, l'obbligo del giudice d'accertare il rapporto di pregiudizialità e, dall'altro, l'interesse della parte alla conseguente sospensione, dacché a seguito dell'accoglimento della domanda proposta nel giudizio d'impugnazione della delibera verrebbe evitato un possib...

... continua
La versione completa è consultabile sul sito mediante registrazione