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QUESITO N. 131: Se un condomino può vendere gran parte della propria porzione millesimale di un bene condominiale senza vendere il suo immobile in proprietà esclusiva e in caso negativo, se può chiedere la divisione del bene condominiale.-
Quesito 131: Può un condomino vendere gran parte della propria porzione millesimale di un bene condominiale (stenditoio) senza vendere il suo immobile in proprietà esclusiva? In caso negativo, il proprietario può chiedere la divisione del bene condominiale?

Ai fini dei quesiti posti, è necessaria una premessa.

L’istituto del condominio deve essere differenziato dall’istituto della comunione, come chiarisce la giurisprudenza: “ Si ha comunione quando su un bene determinato, spetta congiuntamente e pro indiviso a più persone il diritto di proprietà o altro diritto reale, conservando ciascuna di esse il suo diritto in toto et in qualibet parte; nel condominio di edificio, invece esistono più proprietari esclusivi di parti distinte di un medesimo fabbricato (piani o porzioni di piani) i quali per necessità pratiche (derivanti dall’uso o dall’utilità o dal godimento per tutti) restano in comune proprietari pro indiviso di talune altre parti dell’edificio.” (Cassazione 16 luglio 1862, n. 1887).

La caratteristica, pertanto, del condominio è che accanto ad un diritto di proprietà esclusiva, coesiste un diritto di comproprietà sulle parti che, per ragioni strutturali o utilitarie, sono destinate a restare nel godimento comune.

Il legislatore ha elencato espressamente all’art. 1117 c.c. le parti che si presumono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo (d’acquisto o regolamento condominiale).

Invero, l’art. 1117 c.c. attribuisce ai titolari dei singoli piani o porzioni di piani la comproprietà di beni di carattere accessorio e complementare rispetto al bene in proprietà esclusiva, in applicazione del principio accessorium sequitur principale, ossia per propagazione ad essi dell’effetto traslativo delle proprietà solitarie.

Dalla norma in oggetto si deduce la indivisibilità della parte comune dalla parte esclusiva, per cui il trasferimento della proprietà esclusiva di una porzione di piano di un edificio in condominio comporta altresì il trasferimento delle parti oggetto di proprietà comune
Infatti, afferma la giurisprudenza: “Nel condominio degli edifici la disciplina delle parti comuni, o presuntivamente dichiarate tali dall'art. 1117 c.c., è informata ai principi dell'indivisibilità e della loro inseparabilità, in ragione della loro destinazione al relativo servizio, da quelle di pertinenza esclusiva dei condomini, sicché, non potendo il singolo condomino, senza il consenso degli altri condomini, unilateralmente disporre delle parti comuni in modo autonomo ed indipendente da quelle di sua proprietà esclusiva, il cedente di una porzione di piano di sua esclusiva proprietà, non può riservare a sè il diritto di comproprietà e quindi l'uso di parti comuni destinate al complesso condominiale (nella specie diritto al parcheggio nell'autorimessa comune), con la conseguenza che, essendo inopponibile al condominio l'anzidetta riserva di proprietà, egli ormai terzo rispetto al condominio, non è più legittimato a partecipare alle assemblee nè ad impugnare le deliberazioni”. (cfr.  HYPERLINK "file:///C:\\Programmi\\Juris%20Data\\O3%20S02%20A1990%20N9%20" Cassazione civile , sez. II, 10 gennaio 1990, n. 9).
Pertanto, è nulla la clausola di un contratto di compravendita di un appartamento in un edificio condominiale, nella quale si esclude dal trasferimento la proprietà di alcune parti comuni.(cfr. Cass. 29 maggio 1995, n. 6036).
A contrario ed in virtù dello stesso principio, la comproprietà sui beni in comune non può essere oggetto di autonomo e separato trasferimento rispetto al bene in proprietà esclusiva.
Oltre al principio della inseparabilità, le parti comuni sono soggette altresì al principio della indivisibilità.
L’art. 1119 c.c. stabilisce, infatti, che le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.
La indivisibilità, pertanto, non ha carattere assoluto, in quanto è possibile procedere alla divisione alle condizioni specificate dalla legge.
In primo luogo, la divisione non deve rendere l’uso più incomodo ai singoli condomini.
Il significato di tale espressione è stato chiarito dalla giurisprudenza:
Tale indivisibilità è subordina all'esigenza di non rendere più incomodo l'uso della cosa comune a ciascun condomino, cioè all'esigenza che non si alteri lo stato, e, quindi, il pacifico godimento delle parti di uso comune.(cfr.Cassazione civile , sez. II, 14 aprile 1982, n. 2257).
Ed ancora “La giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 913 del 23.4.60; n. 1364 del 26.4.69; n. 4802 del 24.10.78), che qui si ribadisce, ha precisato e chiarito che, poiché l'uso delle cose comuni è in funzione del godimento delle parti di proprietà esclusiva, la maggiore o minore comodità di uso di cui parla il cit. art. 1119 ai fini della divisibilità delle cose stesse, va valutata, oltre che con riferimento all'originaria consistenza e destinazione della cosa comune, all'uopo considerata nella sua funzionalità più che nella sua materialità, anche attraverso il raffronto tra le utilità che i singoli condomini ritraevano da essa ai fini del godimento delle parti dell'edificio di proprietà esclusiva e le utilità che, agli stessi fini, ne ricaverebbero dopo la divisione. Occorre, cioè, che questa non incida sull'essenza e funzione delle porzioni della cosa già comune, di guisa che ciascuna di esse risulti idonea a realizzare il servizio a vantaggio dei beni di proprietà esclusiva cui era destinato il tutto, senza che il godimento di essi ne risulti pregiudicato o diminuito.” (cfr. HYPERLINK "file:///C:\\Programmi\\Juris%20Data\\O3%20S02%20A1995%20N7667%20" Cassazione civile , sez. II, 13 luglio 1995, n. 7667).
In materia, ugualmente, “Le parti comuni di un immobile condominiale possono essere divise quando la divisione non renda più incomodo al singolo condomino l'uso della proprietà singola servita dalla parte comune sia con la diminuzione dell'utilizzazione diretta, sia con la riduzione dell'utilità ricavab...

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