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Se deve essere trascritta la domanda giudiziale intesa ad ottenere il rispetto dei limiti legali della proprietà.-
Violazioni ai limiti legali della proprietà e trascrizione della domanda giudiziale
Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 12.06.2006 n° 13523

La domanda giudiziale intesa ad ottenere il rispetto dei limiti legali della proprietà, in quanto diretta ad interrompere l’usucapione d’un diritto di contenuto contrario ai limiti violati, può essere trascritta ai sensi dell’articolo 2653 n. 5 Cc.
Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 13523 del 12 giugno 2006, ricordando che soltanto mediante la trascrizione della domanda l’attore potrà utilmente opporre la sentenza favorevole ottenuta nei confronti del convenuto anche al terzo acquirente dal convenuto stesso con atto trascritto successivamente alla trascrizione della domanda.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Sezioni Unite Civili
Sentenza 12 giugno 2006, n. 13523
(Presidente Carbone – Relatore Settimj)
Svolgimento del processo
F. I. realizza un edificio in Cercola e ne aliena i singoli appartamenti; realizza, poi, sull’area latitante all’edificio, dodici box per auto e li aliena a loro volta. S. P., acquirente d’uno degli appartamenti, ritenendo che i box fossero stati realizzati a distanza dall’edificio inferiore a quella prescritta dal regolamento edilizio locale, conviene in giudizio F. I. onde sentirlo condannare alla demolizione dei box. F. I. resiste alla domanda. Il Tribunale di Nola accoglie parzialmente la domanda, disponendo che sette dei box vengano arretrati per la parte risultata non conforme alle disposizioni regolamentari in quanto realizzata a distanza inferiore ai 13.90 metri dall’edificio. Avverso tale sentenza F. I. propone appello cui aderiscono, con appello incidentale ad adiuvandum, C. C. ed altri sei consorti, tutti acquirenti dei box, i quali, contestualmente, propongono anche appello incidentale autonomo inteso a far dichiarare comunque in opponibile nei loro confronti la sentenza resa tra il P. e lo I.. La Corte d’appello di Napoli rigetta entrambi i gravami evidenziando, per quanto interessa in questa sede, coma la situazione soggettiva fatta valere dagli acquirenti fosse, ex articolo 111 Cpc, dipendente da quella del venditore e non potesse essere utilmente invocata l’inopponibilità per mancata trascrizione della domanda, ciò sulla considerazione che la previsione dell’articolo 2653 n. 1 Cc non troverebbe applicazione, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi di domanda intesa a far valere il rispetto dei limiti legali della proprietà. Inerte lo I., il C. e consorti impugnano anche tale sentenza con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, l’uno dei quali investe la questione della possibilità di trascrivere la domanda intesa a far valere il rispetto delle distanze legali tra edifici, ai fini dell’opponibilità della sentenza ai terzi successori a titolo particolare per atto tra vivi, evidenziando come la tesi da essi prospettata al giudice di secondo grado fosse suffragata da altra giurisprudenza di legittimità immotivamente negletta nell’impugnata sentenza. Resiste il P. con controricorso. La Seconda sezione, riconosciuto il contrasto in ordine alla detta questione, ne ha rimesso la soluzione a queste Sezioni Unite.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, i ricorrenti – denunziando violazione e falsa applicazione degli articoli 113 Cpc, 873 Cc, 29 reg. edilizio, 14 preleggi, legge 122/89 in generale, nonché vizi di motivazione – rilevano che anche dalla consulenza risultava come i box fossero stati realizzati nella parte retrostante del cortile già realizzato, onde il giudice a quo avrebbe erroneamente ritenuto applicabile la norma regolamentare di cui all’articolo 48, per la quale la distanza è di m. 13.90, anziché quella speciale di cui al precedente articolo 29, per la quale nel caso si cortili la distanza minima è di m 8, che, inoltre, la legge 122/89, applicabile nella specie in quanto meno restrittiva ed in assenza di giudicato (come precisato in memoria), pone una deroga al rispetto delle distanze legali relativamente ai parcheggi privati in vista dell’interesse pubblico ad una migliore gestione delle aree di sosta. Con il secondo motivo, i ricorrenti – denunziando violazione degli articoli 813, 949 e 2653 Cc, nonché omessa motivazione – si dolgono che il giudice a quo abbia affermato l’opponibilità della sentenza impugnata ad essi terzi acquirenti, nonostante la domanda introduttiva del giudizio promosso dal P. nei confronti dello I. non fosse stata trascritta, sull’erroneo convincimento, apoditticamenbte motivato con riferimento ad una sola parte della giurisprudenza in materia non sottoposta a vaglio critico in relazione alla giurisprudenza contraria pur segnalatagli, che la detta domanda non fosse suscettibile di trascrizione. Con il terzo motivo, i ricorrenti – denunziando violazione e falsa applicazione degli articoli 100 e 111 Cpc – si dolgono che il giudice a quo abbia ravvisato la natura strumentale della lite, tesa al raggiungimento di non meglio precisate utilità diverse dalla riduzione in pristino degli immobili da parte del P., atteso che questi aveva alienato l’appartamento in corso di causa e che nell’atto pubblico s’era impegnato alla prosecuzione del giudizio con la precisazione che sarebbe andato a suo esclusivo favore "tutto ciò che la parte venditrice riceverà dal predetto giudizio", mentre "l’eventuale risultato di ripristino dell’originaria consistenza dei beni comuni andrà a beneficio dell’immobile venduto". Il secondo dei riportati motivi è fondato ed, atteso l’oggetto degli altri, all’evidenza assorbente. Come già rilevato nell’ordinanza di rimessione, l’indirizzo giurisprudenziale tradizionale, dal quale si escludeva la trascrittibilità ex articolo 2653 n. 1 Cc delle domande dirette a far valere il rispetto dei limiti legali della proprietà, trova una delle sue prime compiute espressioni nella sentenza di questa Corte 1029/60, alle cui tesi si sono, in seguito, acriticamente adeguate, con varianti di scarso rilievo, nonostante le opinioni contrarie formulate al riguardo alla maggioranza della dottrina, altre pronunzie (e pluribus, Cassazione 392/63, 2141/63, 2260/63, 1185/65, 290/69, 2592/80). Il richiamato indirizzo si basa su di una serie di considerazioni che, se pure non tutte suscettibili di puntuale censura, tuttavia, o perché inesatte o perché ininfluenti ai fini della soluzione del problema, non appaiono idonee e sufficienti a giustificare la conclusione cui è pervenuto. Con l’iter argomentativo principale, si muove dalla premessa che le ipotesi di trascrizione, in quanto normativamente predeterminate, sono tassative; si rileva, poi, che le azioni intese a far valere le limitazioni legali al diritto di proprietà non si risolvono, neppure parzialmente, né in un’azione di rivendica, né in una azione d’accertamento, cos’ della proprietà come della sussistenza (confessoria servitutis) o della insussistenza (negatoria servitutis) di un diritto reale di godimento, ed est non sono riconducibili ad alcuna delle ipotesi espressamente regolate dall’articolo 2653 n. 1 Cc, in quanto, in particolare, i detti limiti non sono servitù né sono ad esse equiparabili, onde all’azione de qua non può essere riconosciuta natura di azione negatoria ex articolo 949 Cc; si conclude, quindi, con l’osservare che, in definitiva, non essendo espressamente prevista nella norma in esame la trascrizione, oltre che delle domande singolarmente menzionatevi, anche delle diverse domande intese a far valere una violazione dei limiti legali della proprietà, queste sarebbero in suscettibili di trascrizione, giacché in nessun modo riconducibili alle ipotesi espressamente previste ed in specie all’azione negatoria. È quest’ultima considerazione, in particolare, che non è esatta e che, pertanto, inficia di per sé la validità dell’intero ragionamento, sebbene anche la prima considerazione, nella sua assolutezza, non resti immune da censura, come meglio in seguito. La domanda con la quale l’attore fa valere, in proprio favore, i limiti che, ex lege, vincolano le facoltà ricompresse nell’altrui diritto di proprietà denunziandone la violazione, non tende, infatti, ad uno sterile accertamento del regime vincolistico e della sua violazione, bensì – attraverso la contestazione del fatto posto in essere dal convenuto come illegittimamente impositivo sul fondo dell’attore d’un peso non consentito in ragione della sussistenza dei limiti legali e la consequenziale richiesta di condanna all’eliminazione di quanto realizzato o d’inibitoria di quanto si vorrebbe realizzare in violazione degli stessi – tende a salvaguardare il diritto di proprietà dell’attore dalla costituzione d’una servitù avente ad oggetto una situazione di fatto realizzata in contrasto con altra tutelata dal limite violato e, quindi, lesiva del corrispondente diritto al mantenimento della detta situazione qua ante ed al suo ripristino, onde va qualificata come negatoria servitutis e rientra, pertanto, nella previsione dell’articolo 2653 n. 1 Cc. In altri termini, quando il proprietario di un immobile denuncia la violazione di un limite legale da parte del vicino, mira non già a far accertare il diritto di proprietà o l’esistenza della tutela vincolistica di essa ma a far valere l’inesistenza di iura in re a carico della detta proprietà suscettibili di dar luogo a una servitù che esoneri il convenuto dal rispetto di tale limite legale, cioè esercita una negatoria servitutis (cfr. già Cassazione 3902/79). In tale prospettiva, l’automaticità dei limiti legali e la loro reciprocità, con la possibilità da parte di qualsiasi terzo di conoscerli indipendentemente da uno specifico rapporto negoziale, è del tutto irrilevante, in quanto, come già sopra evidenziato, l’oggetto del giudizio non è l’astratta esistenza del limite legale che si assume violato, ma l’inesistenza di una servitù che tale mancato rispetto giustifichi. D’altra parte, la generale conoscibilità dei limiti legali non può essere utilmente invocata in danno del terzo che abbia acquistato facendo affidamento, in buona fede, sulla conformità a diritto, in specie alle normative edilizie dettate dai regolamenti locali, della situazione di fatto ove la costituzione della stessa non sia stata inibita dalla competente Pa, preposta al controllo del territorio in materia urbanistica ed edilizia ed, a maggior ragione, ove da quest’ultima sia stata consentita con il rilascio d’una concessine, attesa la presunzione di legittimità che assiste l’attività amministrativa, nel senso della conformità alla normativa generale e/o in riferimento alla materia ricompressa nell’attribuzione di funzioni dell’organo agente. Per altro verso, la giurisprudenza tradizionale sostiene anche che, stante l’automaticità del limite legale e del suo sorgere e considerata anche la reciprocità delle limitazioni stesse, attinenti alle singole situazioni in cui reciprocamente si trovano le proprietà immobiliari, sarebbe completamente inutile fissare il momento della produzione degli effetti della domanda e del giudizio in corso nei confronti del successore a titolo particolare del convenuto, non risultando necessario fissare il rapporto tra l’acquisto da parte di quest’ultimo e la domanda giudiziale proposta dall’attore, in quanto in questo campo, in realtà, acquisto nel vero senso della parola del diritto contestato non c’è, dacché non si acquista il diritto a far valere il limite legale, come non si acquista il limite stesso, che discende dalla situazione dei fondi e della normativa in materia, onde appare succidente la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 111 Cpc. Al riguardo è stato rilevato, in contrario, come detta tesi si basi su di una funzione sostanziale della trascrizione delle domande previste dall’articolo 2653 n. 1 Cc, mentre, secondo la stessa giurisprudenza di questa Sc, gli effetti delle trascrizioni ex articolo 1653 n. 1 Cc hanno natura meramente processuale, giacché, in difformità del disposto generale dell’articolo 111 comma 4 prima ipotesi, Cpc, per il quale la successione a titolo particolare nel diritto controverso determina l’efficacia nei confronti dell’avente causa della sentenza emessa in favore o contro il suo dante causa, ed in attuazione della deroga espressamente prevista dallo stesso articolo 111 comma 4 seconda ipotesi, Cpc, la sentenza sulla domanda trascritta è efficace nei confronti del successore a titolo particolare solo ove questi abbia trascritto il proprio acquisto successivamente alla trascrizione della domanda e viceversa; ond’è che l’effetto d’utile opponibilità della sentenza che accolga la domanda anche nei confronti dell’avente causa del convenuto, si verifica solo ove la trascrizione della domanda medesima sia stata non solo a sua volta trascritta ma anche trascritta antecedentemente alla trascrizione del contrapposto titolo del terzo acquirente. Si argomenta ancora, nella sentenza 1523/78, non potersi sostenere, in favore di chi costruisce non rispettando le distanze legali, l’acquisto, con il discorso del tempo necessario ad usucapire, del diritto di servitù attiva a carico del fondo del vicino – con la conseguenza che l’azione promossa da quest’ultimo affinché sia rispettata la distanza legale debba essere considerata come diretta ad impedire la costituzione di tale servitù, id est, in definitiva, a negare l’esistenza di essa – dacché un atto processuale teso ad impedire la produzione di un effetto in fieri non potrebbe essere identificato con un atto processuale diretto a negare un effetto da altri vantato come esistente; riprendendo, poi, le mosse dalla differenza tra limiti legali e servitù, vi si ribadisce che, non affermandosi con l’azione per il rispetto dei limiti legali un proprio diritto reale sull’immobile altrui né negandosi un diritto reale altrui sull’immobile proprio, la domanda, in quanto non intesa all’accertamento positivo o negativo d’un diritto reale di godimento, non sarebbe equiparabile alla negatoria, considerato anche che la libertà del fondo dell’attore da vincoli correlati al fatto del convenuto non è materia né d’azione né d’eccezione, ma rappresenta il presupposto della domanda. Ora, la prima delle riportate argomentazioni non tiene, evidentemente, conto del fatto, già sopra sottolineato, che l’azione diretta al rispetto di un limite legale della proprietà tende, in effetti, non alla semplice affermazione dell’esistenza d’un limite legale violato dal proprietario del fondo finis...

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