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Quando comincia a decorrere il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione delle somme illegittimamente addebitate dall'istituto di credito al correntista nel contratto di conto corrente di corrispondenza.
Conto corrente bancario: termine prescrizionale e usurarietà degli interessi
Tribunale Novara, sentenza 09.02.2006 n° 145

La sentenza n. 145 del 6/2/2006 (depositata il 9/2/2006) del Tribunale di Novara merita di essere segnalata per le questioni di attualità affrontate, dal dies a quo da cui decorre il termine prescrizionale del correntista nel contratto di conto corrente bancario, alla natura e alle funzioni della clausola di massimo scoperto rispetto alla clausola di interessi passivi, alla nozione di usurarietà degli interessi, prima e dopo la legge 108/1996, alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, prima e dopo le recenti modifiche legislative, e anche al significato da dare alla mancata contestazione degli estratti conto da parte del correntista.-
Il giudizio aveva inizio a seguito di opposizione ad un decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Novara su richiesta di un istituto bancario, opposizione proposta da parte dei soggetti ingiunti nella loro qualità di eredi del correntista e di fideiussori. Gli opponenti lamentavano che la banca avesse applicato un tasso di interesse superiore a quello legale senza alcuna pattuizione scritta, avesse applicato anche un tasso che, a decorrere dal 1997 e sino alla chiusura del rapporto, aveva costantemente superato il tasso soglia previsto dalla l. 108/96 ed avesse, altrettanto illegittimamente, capitalizzato sin dall'origine del rapporto gli interessi debitori con periodicità trimestrale, nonché applicato una commissione calcolata in misura percentuale sulla scopertura massima di periodo, percependo cosi indebitamente dal de cuius negli anni circa 760 milioni di vecchie lire. Contestata pure la ricorrenza dei presupposti per la provvisoria esecutività del decreto, gli opponenti chiedevano quindi che detto decreto fosse posto nel nulla, con la formula ritenuta più appropriata; inoltre, in via riconvenzionale, gli attori chiedevano che fosse dichiarata la nullità di tutte le clausole contenute nei documenti contrattuali prevedenti interessi debitori in misura ultralegale, capitalizzazione trimestrale degli stessi e addebito di commissioni di massimo scoperto, e che, in conseguenza, la banca venisse condannata a restituire loro la somma di 760 milioni di vecchie lire, o quella che fosse risultata all'esito del giudizio, indebitamente percepita in forza delle menzionate invalide clausole.-
Costituitasi in giudizio, la banca contestava le pretese degli attori, chiedeva il rigetto dell’opposizione, e in via riconvenzionale chiedeva la condanna dei medesimi al pagamento dell’importo ivi indicato oltre interessi ‘contrattuali’ con decorrenza ivi parimenti espressa.-
Il Giudice Istruttore, con precisione e profondità di analisi, analizza i vari aspetti della complessa problematica.-
Osservato che, a differenza del contratto di conto corrente c.d. ordinario, “qualora un contratto di apertura di credito o qualunque altro genere di operazione bancaria sia regolata in conto corrente di corrispondenza, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme eventualmente risultanti a suo credito”, il Tribunale ne deriva che ciò “comporta, per logica conseguenza, che egli ha in qualunque momento facoltà di chiedere alla banca il saldo o anche un estratto del conto (comprensivo delle spese e dei diritti di commissione richiamati dal combinato disposto degli artt. 1826 e 1857 cod. civ.) al fine di verificare l’esistenza di somme a suo credito, e pertanto anche -poiché nel più sta il meno - di accertare l’indebita appostazione a debito di interessi, competenze e spese e richiederne la restituzione.” Ne consegue quindi, secondo il Giudice novarese “che il correntista è posto nella giuridica possibilità di far valere in ogni momento (e non solo nei momenti delle formali chiusure contabili del conto, quale ne sia la periodicità) il proprio diritto alla eventuale ripetizione - nella forma contabile dello storno e del riaccredito- di qualsiasi posta in ipotesi illecitamente addebitatagli dall’istituto di credito. Pertanto il mancato esercizio da parte del correntista del diritto alla restituzione dell’indebito nel quale si sostanzia il mancato esercizio delle facoltà di verifica e contestazione delle risultanze del conto, dà luogo immediatamente a quello stato di inerzia che è il presupposto stesso della prescrizione” e “deve quindi concludersi che il diritto ad esercitare era condictio indebiti sorge nel caso di operazioni bancarie in conto corrente nel momento stesso in cui la banca abbia - illegittimamente o addirittura illecitamente- addebitato al cliente la posta contestata; e che il dies a quo della prescrizione vada automaticamente individuato in quella stessa data”.-
Il Giudice analizza inoltre la differenza di natura e funzioni fra la clausola di interessi e di massimo scoperto – “trattasi di clausola la quale rinviene la propria specifica ragion d’essere in una funzione economico-giuridica ben distinta dalla pattuizione sugli interessi. Mentre questi costituiscono la traduzione in termini di accessorio contrattuale della normale fruttiferità del denaro, andando a remunerare pro die in misura di una percentuale sul quantum volta per volta dovuto il sacrificio fatto da chi si priva di liquidità prestandola ad un terzo, la c.d. commissione di massimo scoperto costituisce l'autonoma remunerazione pretesa dagli istituti di credito a fronte dell'onere su di essi incombente di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto per il quale il cliente è stato affidato. Essa pertanto non matura giornalmente come gli interessi, ma viene applicata per il periodo concordato nella misura di una percentuale 'secca' sul massimo debito registrato dal conto nel periodo stesso. In quanto tale essa è pertanto pienamente lecita e meritevole di tutela” – ed affronta quindi la nozione di usurarietà degli interessi, sia prima che in seguito all’entrata in vigore della legge 7.3.1996 n. 108, che ha introdotto il nuovo testo dell'art. 644 ed inserito l’art. 644 bis del codice penale, nonché modificato l'art. 1815 del codice civile.-
Il magistrato novarese inoltre richiama anche il recente orientamento giurisprudenziale in punto di nullità delle clausole di capitalizzazioni trimestrale degli interessi passivi sui conti correnti bancari, ritenendo altresì che “ricade nel divieto imperativo di anatocismo (per evidente identità di ratio con gli interessi corrispettivi) anche la capitalizzazione trimestrale della commissione di massimo scoperto”.-
Infine, la medesima sentenza merita attenzione anche per l’articolato e ben ponderato quesito – riportato nella motivazione della stessa – che il Giudice Istruttore ha proposto al c.t.u. per accertare la eventuale usurarietà degli interessi applicati nella fattispecie sub sudice e per effettuare la eventuale depauperazione degli interessi passivi capitalizzati trimestralmente.-
N. 3404/01 R.g.
SENTENZA N. 145/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
ILTRIBUNALED I NOVARA
SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica ai sensi dell'art. 50 ter c.p.c. Dott. Guido VANNICELLI,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con citazione notificata in opposizione in data 12.12.2001 a ministero dell’ufficiale giudiziario addetto all'ufficio Unico Notifiche del Tribunale di Novara (…), nonché con ricorso per la prosecuzione del processo notificato unitamente al decreto di fissazione dell'udienza in data 5.4.2003
DA
(…) nella loro qualità di eredi di (…) nonché di fideiussori del conto intestato al proprio dante causa presso la filiale di (…) della BANCA (…) selettivamente domiciliati in (…) presso l'avv. (…), che li rappresenta e difende per procura in margine al ricorso depositato il 13.3.2003 unitamente agli avv. (…), attori opponenti
CONTRO
BANCA (…) in persona del procuratore pro tempore (…), elettivamente domiciliata in (…), presso l’avv. (…), che la rappresenta e difende per procura speciale in calce alla comparsa di risposta datata 16.5.2003, convenuta opposta.
All'udienza di precisazione delle conclusioni i procuratori delle parti, come sopra costituiti, così concludevano:
CONCLUSIONI PER GLI ATTORI IN OPPOSIZIONE:
Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, adversis reiectis:
- Dichiarare nullo, annullare, revocare o, con qualsiasi altra statuizione, porre nel nulla l'opposto decreto ingiuntivo, siccome fondato sull’illegittimo addebito di interessi passivi usurari, di interessi ultralegali non determinati per iscritto, e di somme derivanti dall'applicazione, anch'essa illegittima, della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e delle commissioni di massimo scoperto.
In via riconvenzionale:
- Dichiarare la nullità delle clausole, eventualmente contenute nei documenti contrattuali che prevedono interessi in misura ultralegale, la capitalizzazione trimestrale degli stessi, e l'addebito di commissioni di massimo scoperto,
- condannare Ia banca convenuta al pagamento in restituzione in favore degli odierni attori della somma di lire 760.000.000, o di quell'altra maggiore o minore somma che dovesse risultare all'esito del giudizio, indebitamente percepita dalla banca opposta in forza dell’illegittima applicazione e dell'addebito di interessi usurari, di interessi ultra legali non determinati per iscritto, di somme derivanti dalla capitalizzazione trimestrali degli interessi, e del calcolo delle commissioni di massimo scoperto.-
In via istruttoria si chiede ai sensi dell’art. 210 c.p.c. ordinare il deposito di tutta la documentazione afferente il rapporto di conto corrente oggetto di causa e specificamente: copia di tutte le lettere integrative e/o modificative del suddetto contratto, copia delle liste movimenti e degli estratti conto scalari dall’inizio del rapporto al 1990. In ogni caso con il favore delle spese e competenze di giudizio.
CONCLUSIONI DELLA CONVENUTA
Voglia l'ill.mo Giudice del tribunale di Novara rigettare I'opposizione e la domanda proposta da controparte con atto di citazione 6/12/2001 e confermare il decreto ingiuntivo n. 740/2001 emesso dal Tribunale di Novara il 3/10/2001. In via riconvenzionale, dare atto che la convenuta ha decurtato dall'estratto conto gli importi che sarebbero derivati dagli effetti della capitalizzazione trimestrale a decorrere dal 30/6/1991, dichiarare tenuti i sigg. (…), (…) al pagamento della somma di E. 109.977,61 (L . 212.964.350) o di quella somma che il Giudice riterrà dovuta per capitale, interessi al 18/9/2001, oltre gli interessi,a qualunque titolo dovuti, dal19/9/2001 al saldo e le spese legali della procedura monitoria. Con il favore di spese ed onorari del presente giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con citazione notificata all'allora BANCA (oggi incorporata nell'attuale BANCA (…) e d'ora in avanti per brevità e semplicità (…) in data 12.12.2001, (…) protestando di essere eredi di (…) deceduto in (…) il 20.3.2001) e fideiussori per i debiti eventualmente rinvenuti in capo allo stesso dai rapporti bancari esistenti in vita con la filiale di (…) della (…) hanno interposto tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 740/01 lng. emesso dal Tribunale di Novara il 9/10- 22.10.2001 (cfr.doc.1 att.).
1).1 In tale atto, emesso in forma immediatamente esecutiva ex art. 642 co. 2° c.p.c., era stato infatti ingiunto loro -nella duplice qualità di coeredi legittimi e fideiussori- di pagare alla banca ricorrente la somma di complessive vecchie lire 196.872.643 (oggi euro 101.676,23) otre interessi al saggio contrattuale dal 18.9.2001 al saldo effettivo; sul fondamento probatorio dei movimenti del conto corrente n. 285/13288 dal 1.1.1989 al 17.9.2001 (il cui saldo finale, espressamente 'depurato degli effetti della capitalizzazione trimestrale', veniva certificato ai sensi dell'art. 50 del decr. legsl. 1°.9.1993 n. 385 e prodotto quale doc. 1 del fasc. monitorio) e dell'estratto autentico della pertinente pagina del libro dei conti revocati e girati a sofferenza formato in data 17.9.2001 dal notaio (…) di (…) (cfr. doc. 2 ibidem).
1).2 Opponendo il decreto, gli eredi (…) hanno premesso che il conto n. 13288/285 era stato aperto dal loro dante causa -imprenditore nel settore cinematografico- 'all'incirca nel lontano 1960’, e che quando (…) era deceduto essi avevano richiesto alla banca gli estratti conto dell'ultimo decennio e la copia del contratto di conto corrente. Ricevuti –nonostante diffida- i primi e non il secondo, era emerso che nel corso del lungo rapporto la Banca (…):
- aveva applicato un tasso di interesse superiore a quello legale senza alcuna pattuizione scritta;
- aveva applicato inoltre un tasso che, a decorrere al 1997 e sino alla chiusura del rapporto, aveva costantemente superato il tasso soglia previsto dalla l. 108/96 dall'anno 1997';
- aveva altrettanto illegittimamente capitalizzato sin dall'origine del rapporto gli interessi debitori con periodicità trimestrale, nonché applicato una commissione calcolata in misura percentuale sulla scopertura massima di periodo, percependo cosi indebitamente dal defunto negli anni circa 760 milioni di vecchie lire.
Articolando pertanto le proprie eccezioni e domande riconvenzionali, gli eredi -e fideiussori- di (…) hanno denunciato:
A. che in violazione del tasso soglia di usura, calcolato aumentando del 50% il tasso effettivo globale rilevato secondo gli artt. 644 c.p. e 2 della legge 108/96, la (…) aveva applicato dal 1997 in poi -e secondo gli attori, anche nel periodo precedente- interessi sempre dal carattere usurario (cfr. l'elenco comparativo di cui alla pag. 5 della citazione), con la conseguenza che attesa l'unitarietà del rapporto e comunque in forza del secondo comma dell'art. 1815 cod. civ. nessun interesse era dovuto e la banca doveva restituire tutte le competenze percepite (o quantomeno quelle maturate dopo il 1996 stimabili in circa 6 milioni di vecchie lire);
B. che avendo la (…) prodotto unicamente un contratto di apertura di credito del 1999 (il riferimento è al M 23.0001 datato 11.10.1999 sub doc. 3 fascic. monit.), doveva ritenersi che precedentemente il tasso ultralegale di interesse praticato non fosse mai stato determinato per iscritto o al massimo -secondo la remota prassi bancaria in voga alla data di inizio del rapporto bancario de quo- fosse stato altrettanto illecitamente riferito alle condizioni usualmente praticate sulla piazza, sicché la banca doveva restituire a tale titolo un importo approssimativamente quantificabile in 300 milioni di vecchie lire;
C. che in assenza di specifico accordo, neppure poteva esser applicata la clausola sulla corresponsione della commissione di massimo scoperto, non determinata per iscritto nella sua misura, ragion per cui la (…) era tenuta a restituire la somma -approssimativamente cifrata in 100 milioni di vecchie lire- percepita nel tempo a tale titolo;
D. che il conto intestato ad (…) doveva altresì esser depurato degli effetti della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, notoriamente nulla per violazione dell'art. 1283 cod. civ., e che quindi -non potendosi comprendere secondo quale computo la convenuta avesse detratto dal saldo, dopo 40 anni di rapporto, unicamente l'importo di vecchie lire 16.073.707- essa doveva restituire non meno di 300 milioni di vecchie lire;
E. che in ogni caso il decreto ingiuntivo era stato illegittimamente emesso, poiché la 'lista movimenti' prodotta in sede monitoria in difetto di indicazione dei tassi di interesse applicati e di partita specificazione degli addebiti per interessi commissioni e spese, di prova dei movimenti anteriori al 1990 [rectius 1989, N.d.est.] e di produzione dell'originario contratto di conto corrente- non soddisfaceva ai requisiti richiesti dall'art. 50 del decr. legsl. n. 385/93.
Contestata inoltre la ricorrenza dei presupposti per la provvisoria esecutività del decreto, i (..) hanno chiesto che fosse posto nel nulla con la formula ritenuta più appropriata il decreto ingiuntivo; ed in via riconvenzionale che fosse dichiarata la nullità di tutte le clausole eventualmente contenute nei documenti contrattuali prevedenti interessi debitori in misura ultralegale, la capitalizzazione trimestrale degli stessi e l'addebito di commissioni di massimo scoperto; e che la banca venisse condannata a restituire loro la somma di 760 milioni di vecchie lire -o quella che fosse risultata all'esito del giudizio- indebitamente percepita in forza delle invalide clausole testé menzionate.
2) La (…) si è costituita replicando anzitutto che ogni contestazione delle risultanze del conto per gli anni fra il 1960 ed il 1991 doveva ritenersi senz'altro prescritta. Ha quindi richiamato la clausola che, sin dal contratto di apertura di credito concluso con (…) il 28.5.1992 (cfr. doc. 2 conv., punto 3), aveva previsto la necessità di contestare gli estratti del conto corrente entro il termine di 40 giorni dalla loro data; e poiché ciò non era mai accaduto, la legittimità sostanziale delle partite appostate in conto non poteva più essere contestata. Quanto all'eccezione relativa alla mancata pattuizione per iscritto degli interessi in misura ultralegale, ha prodotto sia i contratti di apertura di credito in conto corrente conclusi da (…) (…) il 28.5.1992 ed il 20.7.1995 (cfr. docc. 2 e 18 conv.) -che si aggiungevano a quello in data 11.10.1999 già prodotto in fase monitoria (doc. 3)- che le ulteriori diciotto lettere/contratto con le quali, fra il 1 5.6.1 992 ed il 1 0.8.2000, erano stati modificati gli affidamenti e le condizioni economiche principali (cfr. docc. 3-17 e 19-21 conv.): documenti tutti dai quali risultavano con precisione i tassi applicati, e la misura della provvigione pattuita sul massimo debito raggiunto in ogni trimestre solare. Ha anche precisato che eventuali riferimenti contenuti in tali contratti alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza dovevano comunque ritenersi pienamente legittimi in virtù dell’orientamento giurisprudenziale richiamato alla pagina 4 della comparsa di risposta. La (…) ha poi vivamente contestato che il tasso di interessi applicato a decorrere dal 1997 fosse stato superiore al c.d. tasso-soglia usurario, poiché i riassunti scalari che produceva -con decorrenza dal 27.12.1990 (e che aveva già rimesso ai (…) ante causam, cfr. docc.22-33 conv.) - attestavano per tabulas il contrario: fermo restando che, se per contestata avventura il tasso applicato fosse risultato per qualche periodo superiore a quello ex lege usurario, la conseguenza non era certo che nessun interesse fosse più dovuto, ma al più la riconduzione di quello praticato al tasso limite; e che la disciplina introdotta con la legge n. 109/96 non era comunque applicabile agli interessi pattuiti in data ad essa anteriore. Contestato per la stessa ragione il motivo di opposizione richiamato al punto c. del precedente paragrafo, la (…) ha svolto un'ampia dissertazione critica rispetto al révirement giurisprudenziale con il quale la Corte di cassazione si era pronunciata nel 1999 per illiceità della clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori nei contratti di conto corrente bancario; svolgendo pertanto, sul fondamento della liceità delle clausole di tale contenuto presenti nei contratti prodotti, espressa domanda riconvenzionale di condanna degli eredi (…) al pagamento della somma di ulteriori vecchie lire 16.079.707 (oggi euro 8.301,38) che era stata spontaneamente espunta dalla richiesta monitoria. Ribadita infine la legittimità della richiesta ed emissione in forma provvisoriamente esecutiva dell’ingiunzione opposta, ha quindi chiesto il rigetto integrale dell'opposizione, ed in via riconvenzionale la condanna dei (…) al pagamento dell’importo di complessivi euro 109.977,61 oltre agli interessi 'contrattuali' con decorrenza 18/9/2001 e spese legali della fase monitoria.
3) Alla prima udienza, il giudice ha concesso termini per il deposito di memorie di replica e controreplica.
3).1 In ordine all'eccezione di prescrizione, i (…) hanno replicato anzitutto che ai sensi dell'art. 2935 cod. civ. il dies a quo della prescrizione non poteva che esser fissato nel momento in cui il correntista aveva avuto la possibilità legale di chiedere la restituzione di quanto illecitamente addebitatogli, e quindi -anche in considerazione dell'unitarietà del contratto di conto corrente bancario e del rapporto che ne scaturiva, se pur articolato in più atti esecutivi- alla chiusura del conto (momento in cui potevano esser definitivamente determinati i rispettivi crediti e debiti); ovvero quantomeno all'atto dell'esame degli estratti conto inviati dall’istituto di credito. Se si considerava che non risultavano esser mai stati inviati ad (…) -neppure per il periodo anteriore al 1991- gli estratti del conto in contestazione, e che lo stesso era stato chiuso solo il 17.9.2001, nessuna prescrizione poteva ritenersi maturata in danno degli opponenti. solo in via di ulteriore subordine, gli attori hanno comunque controeccepito che il tasso degli interessi debitori era stato fissato per iscritto fra le parti solo con decorrenza 29.5.1992: sicché, anche a voler accedere alla tesi della prescrizione di ogni ragione restitutoria anteriore at 12.12.1991, quantomeno per il periodo fra quelle due date la pretesa della banca era comunque illegittima. Quanto poi agli effetti che la (…) pretendeva di derivare dalla mancata contestazione degli estratti del conto corrente bancario per il periodo 1960/1991, i (…) hanno replicato che mancava la prova che gli stessi -i quali neppure erano stati prodotti in giudizio- fossero stati inviati al correntista, ed hanno comunque affermato che l'eventuale incontestabilità poteva rilevare solo sotto il profilo contabile, ma non certo sanare l'eventuale invalidità dei rapporti dai quali derivavano le partite contestate. In relazione all'usurarietà o meno dei tassi applicati, gli attori hanno quindi chiarito che il differente conteggio effettuato derivava dall'aver ricompreso nel computo del T.E.G. -secondo quanto disposto dall'art. 2 della legge n. 108/96- anche le remunerazioni a qualsiasi titolo, le commissioni e le spese, e nell'aver calcolato la scopertura media effettiva sulla base dei saldi per valuta e dei giorni di utilizzo; laddove la (…), nel conteggio riportato in comparsa, aveva appunto evitato di ricomprendere nel calcolo del tasso effettivo proprio le spese e le commissioni. Sulla dedotta illiceità dell'applicazione dei tassi di interesse ultra legem, gli opponenti hanno distinto fra quelli applicati tra il 1960 ed il 1991 (periodo per il quale mancava qualsiasi prova di una pattuizione scritta), quelli applicati fra il 1997 ed il 2001 (che, per la loro assorbente natura usuraria, comportavano più radicalmente l'espunzione di ogni interesse), e quelli praticati ad (…) fra il 1992 ed il 1996: in ordine ai quali hanno denunziato di indeterminatezza la clausola delle condizioni generali di contratto prodotte che aveva concesso alla (…) un amplissimo ius variandi, e comunque protestato che l'iniziale riferimento numerico ai tassi passivi contenuto nelle diverse lettere-contratto prodotte non poteva giustificare la successiva variazione del tasso che la banca aveva unilateralmente effettuato fra le date delle singole scritture, rideterminandolo sulla base degli 'usi di piazza' (si veda l'esempio fatto dalla difesa attorea alle pagg. 10-11 della memoria 25.3.2002). I (…) hanno infine contestato che l’estratto conto prodotto dalla banca in fase monitoria -a loro avviso inidoneo già a fondare l'emissione del decreto ingiuntivo- potesse esser considerato quale prova del credito della (…), riportando esso importi per interessi illegittimamente addebitati cumulati al capitale senza alcuna distinzione.-
3).2 Rispondendo a tali allegazioni ed argomentazioni con memoria datata 23.4.2002, la (…) ha replicato essere inverosimile che (…) avesse lasciato trascorrere un trentennio senza mai né ricevere né richiedere gli estratti del proprio conto; sicché doveva piuttosto presumersi, pur senza la prova specifica di ogni singolo invio, che tutta la documentazione bancaria gli fosse stata inviata e non fosse mai stata contestata.
3).3 All'udienza del 14.3.2002, dopo ampia discussione, il giudice istruttore ha motivatamente sospeso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; ed a quella del 17.9.2002, fissata dal giudice sempre per la trattazione della causa e la comparizione personale delle parti, il procuratore della banca convenuta ha dichiarato l’intervenuta fusione della (..). nel (…) e il giudice ha dichiarato l'intervenuta interruzione del processo.
3).4 Riassunta la causa dagli opponenti e ricostituitasi la (…), nessuno è comparso all'udienza dell'8.10.2003; ma successivamente le parti hanno ridato impulso alla causa, chiedendo ed ottenendo termini istruttori. All'esito il giudice istruttore ha disposto d’ufficio consulenza tecnica contabile, affidando al Dr. (…) il seguente quesito:
"Il consulente, esaminati gli atti ed i documenti prodotti dalle parti in relazione al conto corrente di corrispondenza n. 13288/285 intrattenuto dal dante causa degli attori (…) presso l’allora (…).di (…) (con particolare riguardo agli estratti conto in atti ed ai contratti di apertura di credito e conteggi scalari prodotti dalla Banca ai propri documenti nn. 2 - 21 e 22 -33), sentiti gli eventuali consulenti di parte, tenuto conto che il termine a quo da cui effettuare i propri accertamenti, avendo la banca eccepito la prescrizione in relazione alla domanda riconvenzionale di restituzione formulata dagli opponenti, è quello del 12.12.1991 (decennio a ritroso dalla citazione in opposizione),
a) accerti se la banca opposta abbia addebitato al correntista -come dedotto dagli opponenti, e tenuto conto del Tasso Effettivo Globale Medio calcolato ai sensi della legge 7.3.1996 n. l08- un saggio di interessi passivi superiore al tasso/soglia rilevato per le operazioni di apertura di credito in conto corrente a decorrere dal secondo trimestre del 1997 sino alla data presa dalla banca a riferimento nel ricorso per ingiunzione (17.9.2001);
b) per il periodo precedente (12.12.1991 – 1.4.1997), verifichi invece se i tassi praticati (quali risultano dai contratti prodotti e dagli estratti conto in atti) fossero o meno in linea con analoghi contratti di credito conclusi sulla piazza di (…) dalle principali banche nazionali;
c) in caso di superamento del tasso soglia o di quello usurario come indicato ai due precedenti capi di quesito, tenuto conto detta norma di interpretazione autentica di cui all'art. 1 del D.L. n. 394/2000 (secondo cui l’usurarietà va valutata al momento in cui gli interessi furono pattuiti) - ove dovesse ritenersi usurario il tasso risultante dai contratti di apertura di credito, terrà conto della regola generale dettata dall'art. 1815 co. 2° cod. civ. (nessun interesse sarà dovuto, sino alla conclusione della successiva apertura di credito); - ove invece quel tasso fosse nella norma, ma fosse divenuto usurario nella vigenza dell'apertura di credito a tasso lecito, proceda a ricondurlo nei limiti del tasso/soglia secondo il capo a) ovvero del tasso non usurario calcolato come al capo b);
d) effettuata la verifica di cui ai capi che precedono, proceda inoltre a depurare il conto corrente dagli effetti della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, ricalcolandoli secondo il principio della capitalizzazione annuale a partire dal saldo contabile in data 12.12.1991 sino al 1.7.2000 (data di adeguamento detta banca atta delibera C.I.C.R. del 9.2.2000, cfr. doc. 24 conv.);
e) determini, pertanto, sulla scorta di tutti gli accertamenti che precedono e, se del caso, prospettando soluzioni in tutto o in parte alternative, il saldo finale del rapporto tale data del 17.9.2001 (data di calcolo del saldo passivo da parte della banca, cfr. docc. 1 - 2 allegati al ricorso per ingiunzione), precisando pertanto quale sia la eventuale differenza tra quanto richiesto con il decreto ingiuntivo opposto e quanto risulterà dovuto secondo gli accertamenti di cui ai capi che precedono (...)".
Depositata dal consulente il successivo 1°/4/2005, -nel termine prorogatogli con provvedimento del 31.1.2005- ampia relazione scritta corredata da 97 allegati, le parti hanno depositato (rispettivamente, il 23 ed il 10.5.2005) memorie contenenti osservazioni alle conclusioni peritali. Il giudice istruttore ha però disatteso la richiesta delle parti di ulteriore riconvocazione del consulente del Tribunale, invitandole a precisare le rispettive conclusioni all'udienza del 27.10.2005: donde la causa, sulle conclusioni riportate in epigrafe e spirati il 16.1 .2006 i termini per le difese illustrative, è pervenuta al medesimo istruttore in funzione di giudice unico per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4) Appare di rilievo sicuramente preliminare l’eccezione, sollevata in via di replica dalla banca -sostanziale attrice- e vivamente contestata dagli opponenti, in merito all'intervenuta prescrizione delle pretese restitutorie fondate dagli attori sulla nullità delle clausole che, nel regolare il rapporto di conto corrente di corrispondenza e quelli di apertura di credito in conto corrente tempo per tempo conclusi tra (…) e la (…), avrebbero illecitamente previsto tassi debitori in misura ultralegale prima ed usuraria poi, capitalizzazione degli stessi su base trimestrale e commissioni di massimo scoperto.
4).1 La censura di nullità, infatti, è stata da un lato opposta al diritto di credito monitoriamente azionato dalla banca -e richiesto anche nella presente sede a cognizione piena, con l'aggiunta degli ulteriori interessi non domandati nella fase sommaria- al fine di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo; e dall'altro, è stata posta a fondamento della domanda di restituzione che, per la considerevole somma di 760 milioni di vecchie lire (oggi euro 392.507,24), i (…) hanno rivolto in via riconvenzionale alla banca sub specie di condictio indebiti delle competenze illegittimamente appostate a debito negli oltre 40 anni di rapporto bancario. Ciò significa che, pur non essendo stata richiesta dagli opponenti la compensazione giudiziale tra le somme da restituirsi dalla (…) e quelle eventualmente a questa spettanti per il rimborso del credito concesso nel tempo ad (…) (in coerenza con la ricostruzione degli opponenti, i quali ritengono di nulla più dovere all'istituto convenuto), la questione relativa all'indebita percezione da parte dell’istituto di interessi ultralegali ed usurari capitalizzati e di commissioni sul massimo debito appostate a debito rileva sia al fine di determinare se sussista tuttora (e in caso positivo, a quanto ammonti) l’eventuale credito della banca al termine del rapporto contestato (che è questione altra e diversa, vista da questa prospettiva, rispetto alla prova che di tale credito la banca è comunque onerata a fornire), sia al fine di vagliare la fondatezza dell'azione di ripetizione di quelle medesime competenze. Sennonché se l'azione di accertamento della nullità è per legge imprescrittibile, altrettale non è l'azione di ripetizione che sulla nullità si voglia fondare (art. 1422 cod. civ.); e ciò sia quando il rilievo dell'indebito costituisca la causa petendi di una domanda di restituzione in natura (svolta in via di azione o riconvenzione), sia anche quando rilevi come fatto giuridico dedotto al fine di paralizzare in tutto o in parte una contrapposta richiesta di pagamento. E poiché il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione d'indebito è quello generale di dieci anni, se un soggetto ha perso il diritto restitutorio per non averne chiesto in tempo utile l'attuazione giudiziale, neppure potrà sottrarsi ad una richiesta di pagamento del presunto percettore dell’indebito contrapponendogli in via di eccezione un diritto che si è ormai estinto ad agendum: costituendo come noto la regola contraria una espressa eccezione di legge riservata, sotto certe condizioni, ad alcune categorie nominate di contraenti (cfr. artt. 1495 co. 3', 1519 sexties co. 4° , 1667 cod. cod. civ.) - il che è quanto la giurisprudenza di legittimità ha espresso quando, in più occasioni, ha escluso la stessa permanenza dell'interesse all'accertamento di una nullità contrattuale ove risulti ormai prescritta l'azione di ripetizione della prestazione effettuata nel vigore della pattuizione nulla (da ultimo, Cass. n. 5575 del 91412003).
4).2 Fatta questa premessa, ritiene il Tribunale che tutti i diritti che i (…) vorrebbero far derivare a loro vantaggio dalla nullità parziale del contratto bancario concluso dal loro dante causa per il periodo antecedente il decennio a ritroso dalla domanda (12.12.1991), siano ormai estinti. La difesa degli opponenti ha motivato con notevole ampiezza il suo dissenso rispetto a tale impostazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale secondo il quale il contratto di conto corrente di corrispondenza costituirebbe, pur se articolato in una pluralità di atti esecutivi, un unico rapporto giuridico, di modo tale che è solo con la sua chiusura che si stabilirebbero definitivamente i crediti e debiti delle due parti contraenti; e pertanto, è solo in quel momento che il correntista -o i suoi aventi causa- potrebbero far valere eventuali diritti restitutori, ed iniziare pertanto il computo del periodo prescrizionale di questi ultimi. La tesi è però erronea. Rileva anzitutto il Tribunale come le pronunce di legittimità richiamate a sostegno dell'assunto, con l'eccezione dell'apodittica affermazione che si legge -ma con mero richiamo a sentenze precedenti espressamente indicate- nel corpo dell'ampia sentenza della Cassazione n. 10127 del 14.5.2005, siano tutte relative a casi nei quali ad agire o eccepire nei confronti di una banca erano non i correntisti, ma i fideiussori di questi ultimi (si vedano, appunto, Cass. 23.3.2004 n. 5720: Cass. 14.4.1998 n. 3783, e Cass. 9.4.1984 n. 2262, citate sia in Cassazione n. 1012712005 sia alle pagine 1-2 della comparsa conclusionale che alla pagina 3 della memoria di replica degli attori.) In tali casi, è forse corretto affermare che il fideiussore, la cui obbligazione di garanzia diviene esigibile solo al momento in cui la banca abbia revocato gli affidamenti concessi al debitore principale e sia receduta dal contratto di credito in essere, è posto concretamente in grado di far valere le eccezioni già spettanti al correntista solo allorché la banca richieda il pagamento del saldo debitorio finale; sicché la prescrizione del suo diritto allo scorporo di interessi e competenze addebitate illecitamente in conto non può che decorrere dalla data in cui egli sia messo concretamente in condizione -con la richiesta di escussione della garanzia prestata- di prenderne cognizione. Ma nel caso di specie i (…) sono stati evocati in giudizio non solo quali fideiussori del marito e padre (…), ma anche quali suoi eredi a titolo universale: sicché essi rinvengono nel patrimonio ereditario, in quanto tali, i diritti e le obbligazioni che già facevano capo al de cuius e nella consistenza giuridica che avevano -anche sotto il profilo della perdurante decorrenza dei termini di prescrizione- al momento della successione. E' poi appena il caso di ricordare che, a differenza del contratto di conto corrente c.d. ordinario (per il quale vale l'opposta regola dettata dal primo comma dell’art. 1823 cod. civ., non richiamata nella sedes materiae della species bancaria,) qualora un contratto di apertura di credito o qualunque altro genere di operazione bancaria sia regolata in conto corrente di corrispondenza, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme eventualmente risultanti a suo credito; il che comporta, per logica conseguenza, che egli ha in qualunque momento facoltà di chiedere alla banca il saldo o anche un estratto del conto (comprensivo delle spese e dei diritti di commissione richiamati dar combinato disposto degli artt. 1826 e 1857 cod. civ.) al fine di verificare l’esistenza di somme a suo credito, e pertanto anche -poiché nel più sta il meno- di accertare l’indebita appostazione a debito di interessi competenze e spese e richiederne la restituzione. Ne consegue che il correntista è posto nella giuridica possibilità di far valere in ogni momento (e non solo nei momenti delle formali chiusure contabili del conto, quale ne sia la periodicità) il proprio diritto alla eventuale ripetizione -nella forma contabile dello storno e del riaccredito- di qualsiasi posta in ipotesi illecitamente addebitatagli dall’istituto di credito. Pertanto il mancato esercizio da parte del correntista del diritto alla restituzione dell’indebito nel quale si sostanzia il mancato esercizio delle facoltà di verifica e contestazione delle risultanze del conto, dà luogo immediatamente a quello stato di inerzia che è il presupposto stesso della prescrizione; e ciò, per le ragioni sopra esaminate, indipendentemente dalla circostanza che la banca abbia assolto o meno al proprio obbligo di inviargli gli estratti conto con la periodicità stabilità. Deve quindi concludersi che il diritto ad esercitare era condictio indebiti sorge nel caso di operazioni bancarie in conto corrente nel momento stesso in cui la banca abbia -illegittimamente o addirittura illecitamente- addebitato al cliente la posta contestata; e che il dies a quo della prescrizione vada automaticamente individuato in quella stessa data. Ne consegue che ogni diritto di contenuto restitutorio che i (…) pretendano di far valere -ad agendum vel ad excipiendum- in relazione agli interessi ed alle commissioni addebitate sul conto bancario del proprio dante causa in data anteriore al 12.12.1991 (avendo essi notificato l'atto di opposizione tl 12.12.2001) non può che ritenersi irrimediabilmente estinto per prescrizione. Correttamente, pertanto, il giudice istruttore ed il consulente dell’Ufficio hanno preso in esame ad ogni effetto le risultanze del conto corrente acceso presso la filiale della (…) solo a decorrere da quella data; sicché il 12.12.1991 costituisce il discrimine che circoscrive temporalmente l'ambito delle domande ed eccezioni attoree che possono utilmente essere esaminate nel merito da questo Tribunale. Ogni eccezione e domanda riconvenzionale svolta dagli attori in relazione al conto corrente di corrispondenza ed alle aperture di credito intercorse tra la (…) (e suoi eventuali danti causa) ed (…) dall'origine sino al 12.12.1991, deve pertanto essere senz’altro respinta.
5) Ciò chiarito, può ora darsi conto della contestazione che i (…) hanno svolto anche in relazione ai presupposti processuali del decreto ingiuntivo opposto, con specifico riguardo all'insussistenza della prova scritta necessaria alla sua emanazione (la cui provvisoria esecutività non è invece più in discussione, avendola il giudice istruttore sospesa sin dalla seconda udienza del processo). E' infatti vero che con l'opposizione si instaura un giudizio a cognizione piena sul credito monitoriamente azionato -nonché sulle eventuali domande riconvenzionali della parte formalmente opponente e sulle eventuali reconventiones reconventionis del formale convenuto- nel quale risorgono in pienezza le facoltà e gli oneri processuali (anche probatori) di entrambe le parti; ma resta altresì vero che, quantomeno ai fini delle spese, il decreto ingiuntivo emesso nella fase sommaria può esser impugnato anche sotto il profilo squisitamente processuale della sussistenza dei presupposti richiesti dagli artt. 633 e seguenti del codice di rito per la sua legittima emanazione. Presupposti che, ad avviso del Tribunale, senz'altro sussistevano. Gli attori hanno infatti incentrato la loro opposizione sul punto -ultimo in ordine di formulazione nell'atto di opposizione- lamentando un erroneo governo da parte del giudice designato dell'art. 50 del decr. legsl. 1.9.1990 n. 385 (c.d. TUB); ciò in quanto la 'stampa interna dei movimenti, prodotta dalla banca al proprio documento 1 non costituirebbe un valido estratto conto certificabile ai sensi della norma citata, e non legittimava pertanto l’emissione dell'ingiunzione richiesta dalla (…). Ora, a parte il fatto che in nessuna norma codicistica o speciale è dato rinvenire una definizione giuridica di estratto conto, resta il fatto che il documento contestato come probatoriamente insufficiente consta addirittura di una elencazione completa e dettagliata dal 1.1.1989 sino alla chiusura di tutte le operazioni in dare ed avere di qualunque genere regolate sul conto corrente n. 285113288, dalla quale gli interessati -sia pur con l’ausilio di consulenti contabili (al quale erano infatti già ricorse, essendo in possesso dei conti scalari-) ben potevano desumere aritmeticamente tutte le condizioni economiche del conto. Ma dirimente appare l’ulteriore rilievo che, se l’art. 50 TUB detta a favore degli istituti di credito una norma processuale speciale di indubbio favore, essa non esclude l'applicabilità della norma generale dettata dall'art. 633 co. 1° n. 1 c.p.c., secondo cui l'ingiunzione ivi prevista può esser concessa a chi provi per iscritto di esser creditore di una somma liquida di denaro. E poiché del suo credito la banca, con la produzione della lista integrale dei movimenti intercorsi sul conto corrente sottoscritta e certificata dal funzionario competente, con l’ulteriore produzione di estratto autentico del libro dei conti revocati e girati a sofferenza, e con la dimostrazione di aver intimato per iscritto il pagamento e costituito in mora gli eredi di (…), ha dato prova scritta da ritenersi comunque -condividendo la valutazione già formulata dal giudice designato- ampiamente sufficiente a giustificare l'emanazione del provvedimento monitorio secondo la regola generale, ogni censura sul punto non può che esser disattesa.
6) Al paragrafo 6 della sua relazione il consulente dell’Ufficio dr. (…) -noto esperto in materia, membro di commissioni nazionali per la riforma del diritto fallimentare, presidente dell’ordine dei dottori commercialisti di Novara, da anni curatore fallimentare e consulente del Tribunale di Novara- ha dato atto di aver preso a riferimento, per l’evasione del quesito affidatogli, le condizioni economiche risultanti dalle lettere contratto di apertura di credito, nonché le modificazioni intertemporali sia pattuite fra le parti per iscritto che unilateralmente applicate dalla banca come risultanti dai rendiconti trimestrali; co...

... continua
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