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Concorrenza sleale e Mediazione immobiliare. Appello Milano, 20 marzo 2013
Concorrenza sleale - Mediazione –
Violazione del principio del neminem laedere - Fattispecie.
Appello Milano, 20 marzo 2013
Costituisce atto di concorrenza sleale ai sensi dell'articolo 2598 n. 3 c.c., volto a perseguire il proprio esclusivo profitto sottraendo al concorrente il potenziale acquirente, nonché atto contrario al principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c., il comportamento dell'agenzia di mediazione che, a fronte della dichiarazione del potenziale acquirente di aver già visionato l'immobile con altra agenzia, dichiari l'irrilevanza di tale circostanza e comunichi, contrariamente al vero, l'esistenza di rapporti di collaborazione tra le agenzie. 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 6712/08 il Tribunale di Milano, in funzione monocratica, in accoglimento della domanda proposta da Fis. SpA, condannava Pa. Paola e la A. di Roberto As. & C. sas, in via fra loro solidale, al pagamento della somma di ¬ 7.282,04, oltre interessi e rivalutazione, ritenendo:- la prima- inadempiente al mandato conferito a Fis. SpA relativamente alla vendita del proprio immobile sito in Milano, viale omissis; - la seconda-, responsabile di atti di concorrenza sleale nei confronti di Fis. SpA.
Avverso tale sentenza ha proposto appello Pa. Paola lamentando l’erroneità della decisione nella parte in cui ha accertato la sussistenza di un inadempimento agli obblighi nascenti dal conferimento del mandato e, conseguentemente, disposto la condanna di essa Pa. al risarcimento del danno, in via solidale con la A. sas.
Sul punto la Pa. ha offerto una ricostruzione del fatto dalla quale dovrebbe desumersi, a suo avviso, la totale correttezza del proprio operato, ed una lettura delle clausole del mandato insuscettibili di condurre alla applicazione della penale a suo carico.
Ha contestato, altresì, la Pa. la eccessività della penale comminata dal Giudice di prime cure, non ricondotta ad equità.
L’appellante ha, infine, censurato la decisione impugnata evidenziando che la condanna le è stata inflitta in via solidale con A., in assenza di una solidarietà passiva ex art. 1292 e ss. c.c., e con aggravio della rivalutazione monetaria sulla somma oggetto di condanna, in assenza di una specifica domanda e in difetto dei presupposti di legge.
Si è costituita in giudizio la Fis. SpA contestando il fondamento della impugnazione ed instando per la conferma della decisione di primo grado.
Si è, parimenti, costituita in giudizio la A. sas domandando la riforma della sentenza emessa dal Giudice di prime cure e proponendo appello incidentale, volto all’accoglimento delle conclusioni d cui in epigrafe.
Fis. SpA ha eccepito l’inammissibilità dell’appello incidentale perché tardivo e contenente nuove domande.
La Corte, verificata la regolarità del contraddittorio, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni.
Alla udienza dell’8.1.2013 la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e rispettive repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello principale della Pa. è fondato e, pertanto, suscettibile di accoglimento.
Osserva la Corte che il secondo mandato conferito in data 3.4.02 dalla Pa. alla Fis., che espressamente annulla e sostituisce il precedente stilato in data 23.3. 02 ( circostanza, peraltro, ininfluente ai fini delle considerazioni che seguono, atteso che la clausola sub L era già contenuta nel precedente mandato), al punto L così recita:
“Nulla sarà dovuto alla Fis. SpA a nessun titolo o ragione nel caso in cui il proprietario produca documentazione che certifichi l’avvenuta vendita prima di avere ricevuto dalla Fis. SpA comunicazione scritta dell’esistenza di proposta di acquisto conforme all’incarico ricevuto”.
La clausola sub L opera indipendentemente, ed in via autonoma, rispetto alla clausola sub H, che attiene, invero, alla penale convenuta nella ricorrenza delle ipotesi ivi previste; e si atteggia come norma di “chiusura” rispetto alle precedenti previsioni contenute nel modulo del mandato predisposto da Fis. ( fra cui anche la penale in caso di revoca anticipata).
La clausola sub H, nell’interpretazione coerente alla comune volontà delle parti ed alle finalità sottese, aveva lo scopo di tutelare, da un canto, la mandante, evitando che fosse esposta al pagamento di due provvigioni per la vendita del medesimo bene e, d’altro canto, il mediatore, nella eventualità che avesse procacciato l’affare in tempo precedente la conclusione della vendita con altro intermediario.
Trattandosi, pacificamente, di un mandato non assistito da esclusiva, Fis. era, infatti, del tutto consapevole che la Pa. avrebbe potuto rivolgersi ad altri mediatori per aumentare le possibilità di successo della vendita.
Ed anzi, sul punto giova evidenziare che il teste Be., collaboratore indipendente della Agenzia Casa Network, ha confermato, nel corso della istruttoria, che la Pa., all’atto del conferimento dell’incarico, precisò di aver affidato analogo incarico per la vendita dell’immobile ad altra società.
La singolarità di questa fattispecie consiste nel fatto che la vendita è intercorsa con un soggetto (Ing. Ru.) che si era rivolto precedentemente alla Fis. e, successivamente, alla A., visionando lo stesso immobile.
Vero è che la Pa. non ha documentato di aver comunicato a Fis. l’avvenuta vendita del proprio immobile. Ma altrettanto vero è che la Fis. non ha provato di aver comunicato alla Pa. una proposta di acquisto, conforme all’incarico, in tempo precedente l’intervenuta revoca del mandato comunicata in data 24.5.02 ( doc. 6 di parte appellante).
E la buona fede della Pa. non appare revocabile in dubbio, sia perché la Pa. non era presente in occasione della prima visita del Ru. effettuata per il tramite di Fis. (cfr. deposizione teste Ru.); sia perché il Ru., dopo il primo accesso, non formulò alcuna proposta, né alla Pavani direttamente, né alla agenzia Fis. (teste Ru.); sia, ancora, perché l’incaricato della agenzia A., allorchè il Ru. esternò il dubbio su chi gestisse l’affare (essendosi reso conto di aver visionato il medesimo immobile precedentemente proposto da altra agenzia), rispose che non “vi erano “problemi” e che avrebbero loro stessi informato Fis. ( cfr., sempre, deposizione del teste Ru.)
Dunque alla Pa. non può essere addebitato alcun inadempimento agli obblighi discendenti dal mandato conferito a Fis. ( “conferimento di incarico del 3.4.02”) ed il pagamento della provvigione alla agenzia A. deve ritenersi effettuato in assoluta buona fede.
Per contro, il comportamento di A. appare censurabile sotto il profilo dei principi di correttezza e buona fede. Principi cui devono essere, di norma, improntate le condotte delle parti.
Ed invero, l’incaricato della A., nel corso della visita effettuata con l’ing. Ru., a fronte della perplessità manifestata dal cliente, il quale realizzò e comunicò di avere già visionato l’appartamento in precedenza con altra agenzia, rispose allo stesso che non avrebbe “avuto problemi” ed, anzi, riferì che esistevano “rapporti di collaborazione fra le due a...

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