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Se per l'effetto della donazione ad un terzo estraneo della nuda proprietà del 50% di un immobile, che a seguito del decesso del de cuius si consolida in piena proprietà, si costituisce la comunione ereditaria con gli eredi titolari dell'altro 50%
PARERE LEGALE


Il donatario è tenuto a rispettare il diritto di prelazione ereditaria in favore del coerede qualora intenda alienare ad un terzo il bene che gli è stato donato?
Il bene donato ad un terzo, senza vincoli di parentela con il donante, entra a far parte della comunione ereditaria nata a seguito del decesso del donante?
Il fratello del defunto può agire in giudizio al fine di ottenere la riduzione della donazione e la reintegra della propria quota?

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L’art. 732 c.c. così recita: “il coerede che vuole alienare ad un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall’ultima notificazione. In mancanza della notificazione i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria”.
In sintesi occorre che:
il soggetto alienante sia coerede
tra i beni lasciati in eredità sussista una comunione ereditaria e non ordinaria
la persona a cui sia stato promesso in vendita il bene sia un estraneo.
l’oggetto dell’alienazione rappresenti una quota o una frazione di essa e non un bene determinato.

1) Circa il concetto di successione e di coerede

La successione a causa di morte indica la vicenda traslativa dei diritti della persona a seguito del suo decesso, evento che causa l’estinzione dei diritti personali del defunto e la trasmissione dei suoi diritti patrimoniali.-
Nell'ambito della successione il codice civile distingue tra:
- successione a titolo universale in cui il successore, che prende il nome di erede, subentra nella posizione giuridica patrimoniale del defunto;
- successione a titolo particolare (detta legato) in cui viene trasferito al successore (detto legatario) uno o più determinati diritti o rapporti attribuiti.-
Erede e legatario sono pertanto entrambi successori del de cuius ma mentre il primo si sostituisce al defunto in tutti i suoi rapporti, ne acquista i diritti e nel contempo diviene obbligato per i suoi debiti, succede nei giudizi in corso instaurati dal defunto, insomma ne è il "continuatore", il legatario invece non risponde dei debiti ereditari e subentra solo nei rapporti attivi del de cuius.-
La successione a titolo universale, a sua volta, può essere:
-successione testamentaria, quando il de cuius ha disposto dei propri beni con un atto dispositivo-attributivo (testamento olografo, pubblico o segreto)
-successione legittima, quando, invece, è la legge ad indicare la categorie di successibili.-
L’erede, quindi, è il successore universale del defunto che acquista tale qualità a seguito della delatio testamentaria o legittima.-

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Nel nostro caso, a seguito del decesso del Sig. D. M. e della consolidazione dell’usufrutto con la nuda proprietà, la Sig.ra R.G. è divenuta proprietaria a tutti gli effetti della metà indivisa di un bene immobile, costituente l’unico bene oggetto di eredità.-
Nasce spontaneo, allora, chiedersi se anche la donataria che non abbia vincoli di parentela con il de cuius – donante possa qualificarsi una erede.-
La risposta a questo interrogativo è certamente negativa in quanto, come è noto, l’erede è colui che è stato chiamato all’eredità a seguito di disposizione testamentaria ( successione testamentaria) o per effetto della legge (successione legittima)
Ebbene, non vi è chi non veda che la Sig.ra R.G., non essendo parente del Sig. D.M., non può giudicarsi una erede successibile ai sensi e per gli effetti dell’art. 565 c.c (solo il coniuge, il discendente legittimo o naturale,l’ascendente legittimo, il collaterale o altro parente del defunto sono eredi legittimi!) né può qualificarsi una erede testamentaria, non essendo stato disposto alcun testamento da parte del defunto.-

a) Circa il concetto di usufrutto

L’usufrutto consiste nel diritto di un soggetto (detto “usufruttuario”) di usare e godere di una cosa, di qualunque genere, che appartenga a un’altra persona (detta “dominus” o “nudo proprietario”), percependo tutte le utilità che la res medesima può offrire, compresi i suoi frutti, sia naturali che civili, a patto che non ne muti la destinazione economica. (artt. 978 e ss. c.c.).
Le conseguenze più importanti di tale connotazione personalistica dell’usufrutto sono:
l’inscindibile legame tra la durata del diritto in questione e la vita dell’usufruttuario; l’usufrutto, infatti, non può eccedere in nessun caso la vita dell’usufruttuario, se si tratta di persona fisica, o i trent’anni, se si tratta di persona giuridica. Ne consegue che principale causa di estinzione dell’usufrutto è la morte del suo fruitore.-
l'essenziale temporaneità del diritto esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o, comunque, ricadere nell'ambito di una successione mortis causa. (Ex multis: Cass. Civ. n. 3988/1979 “Al coniuge superstite dell’usufruttuario non può ritenersi trasmesso tale diritto che non è compreso nella massa ereditaria, per essersi estinto con la morte del de cuius”)

b) Circa la donazione con riserva di usufrutto

L’art. 796 c.c. stabilisce che “ è permesso al donante di riservare l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone, ma non successivamente”.-
Da questa norma emerge che, mentre la donazione con riserva di usufrutto in favore del donante configura un negozio unitario, avente ad oggetto il trasferimento immediato della nuda proprietà ( come nel nostro caso!) e a termine il trasferimento dei diritti corrispondenti all’usufrutto, mantenuti temporaneamente dal donante, la donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo dà luogo a due distinti negozi: un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario ed una offerta di donazione dell’usufrutto in favore del terzo, improduttiva di effetti fino a che non intervenga l’accettazione del terzo medesimo prima della morte del costituente.-
Ne consegue che, qualora il donante riservi l’usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e poi a vantaggio di un terzo, il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio dalla cessazione dell’usufrutto del donante, sempre che il terzo sia stato nominato ed indicato al momento della stipula dell’atto pubblico di donazione e sempre che il terzo riservatario non abbia accettato prima della morte del donante stesso.
Nella fattispecie de qua, il Sig. D.M. ha fatto solo una riserva di usufrutto in proprio favore per cui non c’è alcuna trasmissione di tale diritto a seguito del suo decesso.-
Occorre allora analizzare il profilo relativo all’effetto consolidativo della nuda proprietà con l’usufrutto a seguito del decesso del donante e i suoi effetti rispetto alla massa ereditaria.-
All’uopo occorre precisare che, per giurisprudenza e dottrina costante, attraverso la donazione con riserva di usufrutto, il donante si spoglia con effetti immediati della proprietà del bene, in quanto la morte dell’usufruttuario rappresenta solo ed esclusivamente un momento posticipativo della piena apprensione del diritto di proprietà.
Il decesso del donante non è infatti un effetto del contratto di donazione ma è un effetto legale dell’estinzione dell’usufrutto che non incide sulla causa donativa.
Ex multis: Corte appello Milano, sez. II, 30 ottobre 2006, n. 2650 “Ai fini della riduzione ex art. 555 c.c., la donazione della nuda proprietà di un immobile con riserva di usufrutto in favore del donante deve essere considerata come donazione di piena proprietà, giacché, al momento dell’apertura della successione (con riguardo al quale occorre stabilire il valore del bene donato, ex art. 556, 747 e 750, 1 comma, c.c.), il donatario diventa pieno proprietario.

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Alla luce di tutto ciò non vi è chi non veda che la donataria R.G., sin dalla stipula dell’atto pubblico di donazione, era proprietaria dell’immobile (rectius della metà indivisa dell’immobile) a cui si è aggiunto, con il decesso dell’usufruttuario, anche il diritto al suo godimento.-

2) Circa la comunione ereditaria

La comunione ereditaria è uno status che nasce con la devoluzione (testamentaria o legittima) dell’eredità a più chiamati che, per effetto dell’accettazione, diventano coeredi.-
Questo fenomeno crea una situazione soggettiva di contitolarità pro quota dei vari coeredi in ordine al patrimonio ereditario che viene meno solo per effetto della divisione ( giudiziale, per disposizione del testatore, contrattuale).-
Essendo un'ipotesi di contitolarità di diritti su beni indivisi, alla comunione ereditaria sono applicabili tutti i principi sanciti in tema di comunione ordinaria.
Le due figure presentano, però, elementi di distinzione, in quanto, mentre nella comunione ordinaria ciascun partecipante può cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota di diritto, il coerede che intenda alienare a titolo oneroso la propria quota di eredità ad un estraneo deve invece notificare la proposta di alienazione a tutti i coeredi, stante il diritto di prelazione ereditaria di questi ultimi.-
E’ evidente, pertanto, che al fine di escludere il retratto successorio e il diritto di prelazione ereditaria, urge dimostrare che sui beni oggetto di eredità si è venuto a creare una comunione ordinaria e non una comunione ereditaria.-

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Ebbene, nel caso in esame, ci sono tutti i fattori per poter affermare che si tratta di una comunione ordinaria.-
Qui, infatti, il bene immobile, sebbene formalmente non sia stato oggetto di divisione, sostanzialmente può considerarsi diviso in due parti, in quanto una metà è stato donato e l’altra metà, con la morte del de cuius, rientra nella massa ereditaria.-
Contrariamente a quanto assume il Sig. D. D., la quota della Sig.ra R.G. non entra a far parte della comunione ereditaria sorta sull’altra metà del bene, perché la donazione è un atto dispositivo-attributivo ad effetti reali ed immediati, con il quale il donante si spoglia definitivamente del bene, con la conseguenza che il bene donato esce fuori dalla massa ereditaria.
Ex multis Cass. Civ. n. 1351 del 1947 “la norma dell’art. 732 c.c. è applicabile solo per i beni immobili che, in atto, facciano parte di una comunione ereditaria, con esclusione, perciò, di quegli immobili che il de cuius alienò e donò in vita, con atti particolari di trasferimento, sia pure a favore di uno dei legittimari, soggetti alla collazione a norma degli artt. 737 c.c. e ss.
Ed ancora:Cassazione civile, sez. II, 12 ottobre 2007, n. 21491 “In tema di retratto successorio, l'esistenza tra gli eredi di una comunione avente natura diversa da quella ereditaria - al fine di escludere l'applicazione dell'art. 732 c.c. - conseguente all'assegnazione da parte del "de cuius" ad un gruppo di discendenti di un bene in comunione, postula un atto dispositivo/attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso, spettando al giudice del merito accertare l'esistenza e la portata di una siffatta volontà”.
In senso conforme Cass. Civ. 15.10.1992 n. 11290 : “L'art. 732 c.c., che prevede il diritto di prelazione e di riscatto dei coeredi, non è applicabile quando il testatore abbia effettuato direttamente la divisione, ancorché assegnando ad un gruppo di discendenti un bene in comunione, in quanto tale comunione è diversa da quella ereditaria, traendo la sua origine non dalla successione a causa di morte, ma dall'atto dispositivo-attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso”.
Unica eccezione a questa regola si ha nel c...

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