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Se è suscettibile di revoca il provvedimento di confisca dei terreni e delle opere illecitamente costruite nel caso il comune abbia rilasciato il permesso in sanatoria per realizzare l'immobile
Lottizzazione abusiva, permesso in sanatoria, confisca dell’immobile
Cassazione penale , sez. III, sentenza 29.05.2007 n° 21125

Lottizzazione abusiva – permesso in sanatoria – confisca dell’immobile - legittimità – sussistenza [art. 30 e 36  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" d.R.P. 380/2001]
Non è suscettibile di revoca il provvedimento di confisca dei terreni e delle opere illecitamente costruite, nonostante il Comune abbia rilasciato il permesso in sanatoria per realizzare l’immobile, perché il reato di lottizzazione abusiva non è eliminato dalla sanatoria amministrativa.
La confisca, inoltre, costituisce titolo per il trasferimento della proprietà dei beni confiscati in favore del patrimonio disponibile del Comune. Tale trasferimento mette il Comune in condizione di dare ai beni la destinazione ritenuta più opportuna. Cosicché dalla circostanza che il Comune, dopo il passaggio in giudicato della sentenza che accerta il reato, decida di rendere edificabili proprio i terreni oggetto di lottizzazione non può in alcun modo farsi derivare un obbligo di ritrasferire la proprietà ai privati che subirono l’ablazione."
(Fonte:  HYPERLINK "http://www.massimario.it/" Altalex Massimario 7/2007)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Sentenza 12 aprile – 29 maggio 2007, n. 21125
(Presidente Lupo – Relatore Marini)
Rileva
Con sentenza in data del 21 marzo 1994 la Corte di Appello di Catania, in riforma di quella del Pretore di K. in data del 9 marzo 1993, ha condannato il Sig. L. e altri per il reato di lottizzazione abusiva, ed ha quindi disposto, ai sensi dell'art. 19 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la confisca dei terreni situati in Via xxxxx del Y.. A seguito della decisione della Corte di Cassazione, che in data dell'8 novembre 1995 ha respinto l'impugnazione avverso la sentenza della Corte territoriale, al provvedimento di confisca ha fatto seguito in data 18 settembre 1997 la trascrizione presso la competente Conservatoria.
Con ricorso per incidente di esecuzione presentato il 12 luglio 2005, è stata richiesta alla Corte di Appello la revoca della confisca per essere sopravvenuto un piano di recupero delle aree interessate approvato dal Comune con delibera del 19 aprile 2005.
Nel ricorso si sostiene che la natura "sostanzialmente amministrativa" della confisca disposta dall'autorità giudiziaria imporrebbe di tenere conto delle «sopravvenienze amministrative successive alla applicazione della sanzione», con la conseguenza che la volontà espressa dal Comune di consentire l'edificabilità dell'area attraverso lo strumento del piano di recupero modificherebbe in radice la situazione giuridica e imporrebbe la revoca della confisca, revoca alla quale il Comune stessa avrebbe "subordinato" l'attuazione del piano ad opera dei ricorrenti.
Con l'ordinanza impugnata la Corte di Appello di Catania in data del 24 ottobre 2005 ha respinto il ricorso, osservando che già in occasione di precedente ordinanza reiettiva di analoga istanza, in allora motivata con le modifiche apportate dal nuovo piano regolatore alla destinazione dell'area, la Corte aveva affermato il principio che l'autorità giudiziaria non può, dopo che si è formato il giudicato, intervenire sul provvedimento di confisca: in tal modo, infatti, finirebbe per cancellare il contenuto di parte della decisione, cosa che può fare solo in presenza di espressa disposizione di legge (si vedano gli artt. 673 o 676 c.p.p. in tema di abolizione del reato o di estinzione del reato o della pena), come nel caso di specie non avviene. Ed infatti, mentre per il reato di edificazione abusiva è possibile una estinzione quando sopravvenga una concessione in sanatoria, ed è possibile non perdere la proprietà dell'area nell'ipotesi che si provveda a dare corso alla demolizione nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione (art. 7 della citata legge n. 47 del 1985), un analogo risultato non è previsto per l'ipotesi di lottizzazione abusiva.
Osserva ancora la Corte di Appello che la natura amministrativa della confisca può assumere rilievo quando atti amministrativi sopravvengono in corso di giudizio (come nel caso giudicato con la sentenza Besana e altri della Terza Sezione Penale della Corte), ma non quando la sentenza è passata in giudicato ed i beni sono entrati a far parte dei patrimonio dell'ente pubblico (art. 19, comma 2 della legge citata).
In conclusione, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca, spetta all'ente pubblico adottare i provvedimenti più opportuni concernenti l'area che è stata trasferita nella sua proprietà.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i ricorrenti ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. b) c.p.p..
Il ricorso premette che con il nuovo PRG, adottato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna e dell'ordine di confisca, l'arca in questione è stata riqualificata come "area residenziale di espansione", e che il Comune ha deciso di sanare l'irregolarità esistente mediante la stipula con i ricorrenti di una "convenzione di lottizzazione" nonché con la loro partecipazione proquota ai costi di lottizzazione primaria e secondaria. La stipula di tale convenzione, tuttavia, è stata subordinata dal Comune alla revoca del provvedimento di confisca.
Ritengono i ricorrenti che sia errata la posizione che vede il giudice spogliato del potere di assumere provvedimenti relativi alla confisca dopo che la sentenza è divenuta definitiva. Posto che la confisca costituisce atto di natura amministrativa, resta nella facoltà dell'ente comunale quello di adottare determinazioni compatibili con l'evoluzione degli strumenti urbanistici, così che, assumono i ricorrenti, l'ente pubblico «può riconoscere ex post la conformità degli interventi realizzati con gli strumenti urbanistici vigenti. Pertanto, quando la pubblica amministrazione, nel legittimo esercizio delle proprie attribuzioni, adotti deliberazioni incompatibili con il provvedimento di confisca, autorizzando ex post la lottizzazione abusiva, il giudice penale non può rifiutarsi di revocare il provvedimento», secondo quanto avrebbe espressamente affermato dalla Sezione Terza Penale con decisioni del 15 Ottobre 1997 e del 20 marzo - 7 maggio 1998. E che il passaggio in giudicato della sentenza non impedisca la revoca della confisca in sede esecutiva risulterebbe conclusione in linea con plurime decisioni della Corte di Cassazione, citate nel ricorso, tra cui, Sezione Terza Penale 16 novembre 1995, 2254, Besana e altri; 5 dicembre 200 1, n. 1966, Venuti e altro.
Osserva
1. Il ricorso deve essere respinto sulla base delle considerazioni che seguono.
Ritiene la Corte che gli odierni ricorrenti non siano legittimati a richiedere la revoca della confisca disposta con la sentenza della Corte di Appello di - Catania nel lontano 1993. La proprietà dell'area e dei beni confiscati, infatti, è oggi del Comune di Y., al cui patrimonio disponibile essi furono trasferiti a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna nei confronti degli allora proprietari. Si tratta di conclusione che la Corte ritiene di assoluta evidenza e che si colloca in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato quale emerge dalla decisione in sede giurisdizionale della Sezione quarta, depositata il 10 marzo 2004 nei ricorsi del Comune di Bari nei confronti di Z. Srl, W. Srl e H. Srl (ricorsi in appello n. 10330/03 e 10479/03) relativi alla lottizzazione denominata "Punta Perotti".
Tuttavia, la presenza di altre decisioni di questa stessa Corte che hanno adottato una diversa soluzione rende necessario affrontare in modo organico i non semplici aspetti della normativa che impongono al giudice penale di applicare la sanzione della confisca nei casi di riconosciuta attività lottizzatoria abusiva.
2. Si sostiene da parte dei ricorrenti che plurime decisioni di legittimità avrebbero fissato il principio secondo cui la natura di sanzione amministrativa della confisca che il giudice penale applica in caso di accertata lottizzazione abusiva impone, anche in sede esecutiva, la revoca della confisca nei casi in cui l'ente pubblico territoriale approvi un nuovo assetto urbanistico compatibile con l'attività di edificazione che era stata posta in essere illecitamente.
Ed in effetti, una prima lettura di alcune decisioni, e soprattutto degli estratti della loro motivazione, potrebbe assecondare simile prospettiva.
Ad esempio, la motivazione della sentenza della Terza Sezione Penale dei 16 novembre - 20 dicembre 1995, n. 12471, PG in proc. Besana, dopo avere affermato che il giudice che accerti l'avvenuta lottizzazione abusiva deve disporre la confisca dei terreni e dei manufatti, prosegue: « ... Sarebbe del tutto irrazionale, però, l'applicazione della misura anche qualora l'autorità amministrativa, cui compete istituzionalmente il governo del territorio, nell'autonomo esercizio del potere ad essa devoluto dalla legge, abbia ritenuto di dovere successivamente autorizzare l'intervento lottizzatorio. Un provvedimento "sanante" di tal genere non vale a estinguere il reato ma non può essere impedito né vanificato da una sanzione amministrativa con esso incompatibile irrogata dal giudice penale, poiché questi non può sottrarre alla P.A. poteri legislativamente attribuitegli. Con la conseguenza che la confisca eventualmente disposta ai sensi dell'art. 19 della legge n .47/1985 deve essere revocata dallo stesso giudice che l'ha ordinata quando (o nei limiti in cui) risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall'autorità amministrativa».
Alle medesime conclusioni, potrebbe giungersi - con argomento a contrariis - dalla lettura della sentenza L. e altri (Terza Sezione Penale, sentenza n. 1958 del 25 maggio-20 settembre 1999, Rv. 214628), che conclude per l'assenza di interesse a impugnare nell'ipotesi in cui, non essendo ancora definitivo l'iter amministrativo del piano territoriale, non possa dirsi esistente un atto della pubblica amministrazione "incompatibile" con il mantenimento della confisca.
3. Lo stesso può dirsi anche per la sentenza di questa Sezione del 9 novembre - 14 dicembre 2000, n. 12999, Lanza (rv. 218003), e a conclusione simile sembra doversi giungere secondo altra successiva decisione, sempre di questa Sezione, e cioè la sentenza n. 3388 del 5 dicembre 2000 - 21 gennaio 2001,Venuti e altri (rv 220851). Quest'ultima, infatti, premessa l'esistenza in capo alla sola autorità amministrativa comunale del potere di governo dei territorio, afferma: «Sicché, quando questa autorità, nell'esercizio legittimo del suo potere, deliberi di autorizzare ex post la lottizzazione o comunque di variare il piano territoriale con recupero urbanistico dell'area abusivamente lottizzata, la confisca giudiziaria non può essere disposta, o se disposta deve essere revocata, giacché il potere giurisdizionale non può sottrarre alla P.A. l'esercizio del potere legislativamente attribuitole, attraverso provvedimenti incompatibili con il legittimo esercizio di quel potere. Tuttavia, nel caso concreto, nessuna incompatibilità sussiste, posto che la confisca riguardava l'area lottizzata di..., mentre il piano di recupero urbanistico era stato pacificamente deliberato solo per contigua zona denominata ... ».
4. In realtà, questa Corte non ritiene che la prospettazione dei ricorrenti possa essere desunta in modo certo e coerente dalle sentenze fin qui esaminate. E, infatti, la sentenza n. 12471 del 1995 nel procedimento Besana ha come presupposto il fatto che nelle more del giudizio il comune modificò la programmazione del territorio, così intervenendo con un provvedimento che rendeva edificabili i terreni lottizzati prima che giungesse la sentenza definitiva. Solo in parte simile la situazione di fatto su cui è intervenuta la sentenza n. 3388 del 2001, Venuti, essendosi in presenza di un piano di recupero urbanistico adottato dal comune in corso di processo e anteriormente al giudizio di cassazione; tuttavia, come si è visto, quel piano di recupero non concerneva il terreno oggetto di lottizzazione. In entrambi i casi, dunque, l'intervento del comune asseritamente "sanante" non si collega - e non si può contrapporre - ad un giudicato formatosi nel processo penale.
Nello stesso senso si esprimono altre recenti decisioni, come quelle assunte da questa stessa Sezione il I' luglio-13 ottobre 2004, n. 39916, La medica e altri (rv 230085) e il 18 maggio - 5 luglio 2006, n. 23154, Scalici (rv 234476), sempre riferite ad ipotesi di provvedimenti dell'ente comunale che intervengono nelle more dei giudizio.
Infine, va evidenziato che sia la sentenza n. 1958 del 1999, L., sia la sentenza n. 12999 del 2000, Lanza, intervengono su una situazione di fatto diversa da quella oggetto del presente ricorso, risolvendosi in un non liquet perché la domanda di revoca della confisca è giunta e dev'essere decisa prima che l'atto amministrativo potenzialmente incompatibile sia definitivo e operativo.
5. Esistono, peraltro, due precedenti decisioni della Terza Sezione Penale che affrontano in modo specifico il tema della revocabilità della confisca successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
La più recente è la n. 47272 del 30 novembre - 29 dicembre 2005, Iacopino e altri (rv 232998). Secondo tale decisione, la revoca della confisca, come già affermato dalle sentenze n. 1966 del 2002 e 12999 del 2000, può essere disposta dal giudice anche in sede esecutiva, con la conseguenza che avrebbe errato la Corte di Appello ad omettere di statuire sul punto e di motivare in ordine alla specifica richiesta dei ricorrenti, aventi causa degli imputati condannati, che era fondata sulle nuove deliberazioni adottate dall'ente comunale.
Premesso che non appare convincente il richiamo effettuato alle sentenze Lanza del 2000 e Venuti e altri del 2002 che, come si è visto, non affrontano il tema della revocabilità successiva al giudicato, deve ai nostri fini osservarsi che la sintetica motivazione della sentenza Iacopino non offre ulteriori argomenti a sostegno della affermazione per la quale il giudicato ed i suoi effetti non costituirebbero un ostacolo alla revoca della confisca.
Ad opposta conclusione giunge la più risalente sentenza in data 8 febbraio- 18 marzo 2002, n. 1114 1, Montalto e altri (non massimata). Secondo tale decisione, il passaggio in giudicato della sentenza che contiene l'ordine di confisca comporta il trasferimento della proprietà dei beni confiscati al comune, così che i precedenti proprietari perdono con quei beni ogni legame giuridico e non possono vantare su di essi alcun diritto in caso di modifiche successivamente apportate dal comune all'assetto territoriale.
6. La presenza di una divergenza di valutazioni in sede giurisprudenziale impone di procedere ad un esame approfondito del tema posto dai ricorrenti.
Punto di partenza è la considerazione che la c.d. "sanatoria" degli illeciti urbanistici contenuta in un provvedimento dell'ente territoriale non estingue e non può estinguere il reato di lottizzazione abusiva.
Siamo in presenza di un elemento che differenzia profondamente la disciplina della lottizzazione, quale reato urbanistico, dalla violazione edilizia prevista e sanzionata da altra parte del medesimo art. 20 della legge 28 febbraio 1985., n. 47, nonché, oggi, dalla prima parte dell'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
È pacifico, infatti, in dottrina e giurisprudenza che il reato di lottizzazione abusiva non può beneficiare delle mutate disposizioni amministrative che dopo la commissione del reato rendano possibile edificare sulla medesima area. In tal senso, oltre alla citata sentenza Venuti, si vedano: Terza Sezione Penale sentenza del 19 settembre 1996, Urtis, non massimata; sentenza n. 2408 del 12 gennaio-6 marzo 1996, Antonioli e altro (rv. 204712); sentenza n. 1 1436 del 15 ottobre-12 dicembre 1997, Giammanco (rv. 209395).
Più recentemente negli stessi termini si è pronunciata la Terza Sezione Penale con la sentenza n. 39916 dei 2004, La medica e altri (rv 230085), citata, nonché con la sentenza 18 giugno-28 settembre 2004, n. 38064, Semeraro, la cui massima recita (rv 230039):
«La sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell'art. 36 del Testo unico n. 380 del 2001 (che ha sostituito l'art. 13 della legge n. 47 del 1985), determina l'estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva per la negatività dell'accertamento della cosiddetta doppia conformità delle opere eseguite, le quali non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione. Pertanto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, e delle opere abusivamente realizzate, è legittima - in quanto obbligatoria ai sensi dell'art. 19 della legge n. 47 del 1985 - anche quando risulti concessa una sanatoria delle opere edilizie ex art. 13 della stessa legge; quanto alla confisca dei manufatti abusivi, il giudice deve invece valutarne in concreto i presupposti, quando sia stato effettuato il condono edilizio ai sensi dell'art. 37 comma settimo della citata legge n. 47 per la presenza dei requisiti legittimanti, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 29 e 35,comma tredicesimo della predetta legge.».
7. Questa differenza di trattamento trova radicamento e motivazione nella maggiore gravità che il legislatore ha inteso riconoscere alla lottizzazione. E che l'intervento abusivo e coordinato su un'area non modesta assuma, rispetto al governo del territorio, connotazioni oggettivamente, e spesso drammaticamente gravi è dato di esperienza, così che pare dei tutto motivato e ragionevole che alle ipotesi di lottizzazione non si estenda lo strumento del condono e della sanatoria previsto invece, a certe condizioni, per l'edificazione senza concessione o in difformità da essa. Sul punto si rinvia anche alle decisioni di manifesta infondatezza della Corte costituzionale concernenti la disciplina della lottizzazione (in particolare, si vedano le sentenze n. 107 dei 1989 e n. 148 del 1994 relative alla forma meno grave di lottizzazione, la lottizzazione c.d. "negoziale").
La previsione normativa - contenuta nel sistema degli artt. 18 e 19 della legge n. 47 del 1985 ed ora negli artt. 30 e 44, comma secondo del d.P.R. n. 380 del 2001 - della obbligatorietà e della immediatezza della confisca giudiziale rispetto all'accertamento della lottizzazione dev'essere considerata conseguenza coerente di quel giudizio di estrema gravità.
Giova ricordare che la giurisprudenza maggioritaria (fra le altre, Sezione Terza Penale, sentenza n. 16483 dei 12 novembre-18 dicembre 1990, Licastro, rv 186011; sentenza n.3900 del 18 novembre-23 dicembre 1997, Farano, rv 209201; sentenza n. 12989 dell'8 novembre-14 dicembre 2000, Petracchi F, rv 218013) e la stessa dottrina convengono che la confisca non presuppone necessariamente la condanna dei proprietari dell'area lottizzata, arninettendosi che la sanzione venga disposta anche in caso di estinzione del reato per prescrizione e nella ipotesi di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. E non solo, perché il ricorso allo strumento radicale della confisca è stato dalla giurisprudenza ritenuta non evitabile neppure a tutela dei terzi acquirenti in buona fede, come dimostrano plurime decisioni della Sezione Terza Penale, tra cui la sentenza 7 luglio - 4 ottobre 2004, n. 38727, Bennici (rv 229607) e la sentenza 27 gennaio - 15 marzo 2005, n. 1003 7, Vitone e altri, la cui massima recita (rv 3 20979);
«È manifestamente infondata la questione di incostituzionalità dell'art. 44, comma secondo, d. P.R. 6 giugno 2001 n. 380, -che prevede la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere costruite anche nei confronti dei terzi acquirenti in buonafede, sia per violazione dell'art. 27 Cost., atteso che trattasi di principio che si riferisce alla responsabilità penale, mentre la confisca prevista dal citato d.P.R. prescinde da una sentenza di' condanna ed ha natura amministrativa, -sia per violazione dell'art. 42 Cost. in quanto stante la funzione sociale della proprietà nel contrasto tra l'interesse collettivo alla corretta pianificazione territoriale e quello del privato e'ragionevole la prevalenza del primo.
Né va dimenticato che la giurisprudenza ha tratto dalle caratteristiche della lottizzazione un'ulteriore importante conseguenza. Come stabilito con la sentenza n. 17424 della Terza Sezione Penale del 22 marzo - 9 maggio 2005, Agenzia Demanio in proc. Matarrese e altri (rv 231515), la confisca deve essere estesa «a tutta l'area interessata dall'intervento lottizzatorio, compresi i lotti non ancora edificati o anche non ancora alienati al momento dell'accertamento del reato, atteso che anche tali parti hanno perso la loro originaria vocazione e destinazione rientrando nel generale progetto lottizzatorio.»
8. La confisca giudiziale, quindi, va considerata uno strumento che risponde in modo diretto alla gravità dell'offesa all'interesse collettivo rappresentato dalla ordinata programmazione e gestione degli interventi sul territorio. In tale prospettiva essa costituisce un rafforzamento dell'analoga sanzione disposta dall'ente locale e non deve mai costituire un potenziale momento di conflitto fra le due procedure.
A questo si aggiunga una peculiarità della confisca ex arL19 legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed ex art. 44, comma secondo dei d.P.R. 6 giugno 2001, rispetto al provvedimento ablativo concernente gli abusi edilizi: la confisca non solo è comunque conseguenza obbligato...

... continua
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