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Se il Comune ha l'obbligo, nel corso dell'istruttoria sul rilscio del permesso a costruire, di verificare che esista il titolo per intervenire sull'immobile per il quale è richiesto il permesso.-
Legittimazione a porre in essere interventi edilizi su beni in comunione
TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 10.01.2007 n° 7 ( HYPERLINK "http://www.altalex.com/?idstr=85&idu=6324" Alessandro Del Dotto)

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, il Comune ha l’obbligo, nel corso dell’istruttoria sul rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 4 L. n. 10 del 1977 e ora dell’art. 11 del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" D.P.R. n. 380 del 2001, di verificare che esista il titolo per intervenire sull’immobile per il quale è richiesto il permesso di costruire e che, quindi, questo sia rilasciato al proprietario dell’area o a chi abbia titolo per richiederla.
La verifica del Comune deve consistere proprio nell’accertare, alla stregua delle diverse ipotesi disciplinate dall’art. 1108 codice civile se – in riferimento all’effettiva consistenza dell’intervento e alla incidenza dello stesso sul godimento del bene comune da parte di tutti i comproprietari - tale fatto sia o no idoneo a legittimare i soggetti istanti ad ottenere l’assentimento a sanatoria delle modificazioni dai medesimi apportate all’immobile in comunione.
In particolare, il primo comma del citato articolo 1108 del c.c., dopo avere previsto la possibilità, per i partecipanti alla comunione, di disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o a rendere più comodo o redditizio il godimento del bene in comunione a condizione che l’intervento abbia l’approvazione almeno dei proprietari dei due terzi del valore complessivo del bene comune, di seguito impone due tipi di limitazioni a tale possibilità.
In primo luogo, le innovazioni approvate a maggioranza non devono recare pregiudizio al godimento del bene comune da parte di alcuno dei comproprietari e, in secondo luogo le stesse non possono comportare una spesa eccessivamente gravosa.
Pertanto, dal chiaro dettato della disposizione si evince che, qualora ricorra uno di questi casi, la suddetta maggioranza qualificata dei comproprietari non sia sufficiente ad autorizzare l’intervento innovativo, essendo al riguardo necessario l’espresso consenso della totalità della proprietà comune.
Il T.A.R. emiliano si è trovato a dover sindacare di una fattispecie assai singolare, concernente la legittimazione o meno di una serie di soggetti, proprietari in comune e pro indiviso di un bene immobile, a porre in essere interventi edilizi sul bene in comunione.
Nello specifico, alcuni dei proprietari avevano proceduto all’ampliamento di un manufatto precedentemente adibito a deposito legna, contestualmente operando un cambio di destinazione del locale a cucina, chiedendo ed ottenendo – in un primo momento – titolo in sanatoria ex articolo 13 della l. n. 47/1985 dal Comune.
Con un primo ricorso, una delle proprietarie comuniste (la medesima che nella presente circostanza è la ricorrente) era riuscita a ottenere l’annullamento della concessione in sanatoria rilasciata dal Comune, partendo principalmente dalla carenza di legittimazione in quanto, nella comunione pro indiviso, la signora si era espressamente opposta all’intervento.
Successivamente, la medesima ricorrente ha impugnato il successivo titolo edificatorio postumo, il quale ultimo era stato rilasciato dal Comune sul presupposto che la legittimazione fosse sufficientemente esaudita da una deliberazione con cui la maggioranza (2/3) in assemblea straordinaria aveva approvato l’intervento.
Orbene, il Collegio – come da massime – ha dovuto cimentarsi nella esegesi delle norme del Codice civile disciplinanti la comunione, osservando, peraltro, che «dall’esame degli atti di causa e, in particolare, dalle planimetrie e dalla documentazione fotografica depositata in atti dalla difesa della ricorrente, risulta evidente che l’intervento assentito dal Comune pregiudichi oggettivamente la ricorrente nel godimento del fabbricato. Risulta evidente, infatti, che il tubo di scarico dei fumi del locale trasformato in cucina fuoriesce all’esterno proprio in prossimità del soprastante balcone dell’appartamento abitato dalla ricorrente, con conseguente pregiudizio subito da quest’ultima nel godimento dell’appartamento per effetto delle immissioni di fumi e odori provenienti dalla sottostante cucina»; perciò ha ritenuto comunque non sufficiente l’addotto e presunto titolo di legittimazione che i controinteressati avevano presentato al Comune attraverso la già citata deliberazione da assemblea straordinaria.
(Altalex, 28 marzo 2007. Nota di  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idstr=85&idu=6324" Alessandro Del Dotto)

T.A.R.
Emilia Romagna-Parma
Sentenza 10 gennaio 2007, n. 7
(Pres. Cicciò, Est. Giovannini)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA
SEZIONE DI PARMA
composto dai Signori:
Dott. Gaetano CICCIO’ Presidente Dott. Umberto GIOVANNINI Consigliere Rel.est Dott. Italo CASO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 385 del 2003, proposto dalla sig.ra A. P., rappresentata e difesa dall’Avv. Marcello MENDOGNI ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo, in Parma, borgo Antini n. 3
contro
Comune di K., in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio CAVAZZUTI ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giorgio FERRARI, in Parma, borgo Riccio da Parma n. 26;
e nei confronti
- del sig. G. T., rappresentato e difeso dall’Avv. Marco SGROI e dall’Avv. G. MAGHENZANI TAVERNA ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Parma, Galleria Bassa dei Magnani n. 3;
- dei sigg. B. P. e P. T., non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento in data 28/8/2003, con il quale l’Amministrazione Comunale di K. ha rilasciato ai suddetti controinteressati il permesso di costruire in sanatoria ex art. 13 L. n.47 del 1985 relativamente ad un intervento di ampliamento e cambio di destinazione d’uso di un locale annesso a edificio in comunione pro indiviso tra i medesimi e la ricorrente e di ogni altro atto presupposto o comunque connesso, ivi compresi atti e pareri, allo stato non conosciuti, eventualmente acquisiti al procedimento e del parere in data 11/4/2003 n. 7 reso dalla Commissione edilizia comunale
e per ottenere
la condanna delle controparti intimate al risarcimento in forma specifica ex art. 7, comma 4, L. n. 205 del 2000 e art. 2058 codice civile, del danno causato alla ricorrente per effetto dell’adozione dei provvedimenti impugnati;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione Comunale di K. e del sig. G. T. – controinteressato -.
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del 21/11/2006, il dr. Umberto GIOVANNINI; uditi, altresì, l’Avv. MENDOGNI per la ricorrente, l’Avv. MANFREDI, in delegata sostituzione dell’Avv. CAVAZZUTI, per il Comune di K. e l’Avv. SGROI per il sig. G. T.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso n. 385 del 2003, notificato il 20/10/2003 e depositato il 30/10/2003, la ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento in data 28/8/2003, con il quale l’Amministrazione Comunale di K. ha rilasciato ai controinteressati permesso di costruire in sanatoria ex art. 13 L. n. 47 del 1985 relativamente alla all’ampliamento e alla modificazione da legnaia a cucina della destinazione d’uso di un locale facente parte di un edificio in comunione pro indiviso tra i medesimi e la ricorrente e di ogni altro atto presupposto o comunque connesso, ivi compresi atti e pareri allo stato non conosciuti eventualmente acquisiti al procedimento, nonché del parere in data 11/4/2003 n. 7 reso dalla Commissione edilizia comunale.
La ricorrente chiede, inoltre, la condanna delle controparti al risarcimento del danno procuratole dai provvedimenti impugnati mediante reintegrazione in forma specifica ex art. 7, comma 4, L. n. 205 del 2000 e art. 2058 codice civile, da effettuarsi mediante riduzione al pristino stato dell’immobile oggetto di sanatoria.
La ricorrente è comproprietaria pro indiviso con gli attuali controinteressati, di un immobile situato in K., via Madonna d’Arda n. 36.
Alcuni dei comproprietari, nonostante la ferma opposizione espressa dalla ricorrente in ogni occasione, hanno ampliato un locale attiguo all’edificio con modificazione della destinazione d’uso da legnaia a cucina, chiedendo e poi ottenendo dal Comune, per detti lavori, la sanatoria edilizia ex art. 13 della L. n. 47 del 1985.
La ricorrente ha impugnato detto provvedimento dinanzi a questo T.A.R., il quale, con la sentenza n. 183 del 21/3/2002, in accoglimento del ricorso, ha annullato la suddetta concessione edilizia in sanatoria.
Nonostante detta pronuncia gli altri comproprietari hanno provveduto a presentare nuova istanza di concessione edilizia in sanatoria sempre mediante accertamento di conformità ex art. 13 L. n. 47 del 1985, questa volta allegando alla domanda il verbale con il quale l’assemblea straordinaria dei comproprietari dell’edificio ha autorizzato, con il voto dei proprietari rappresentante più dei 2/3 dei millesimi di proprietà, la presentazione della nuova istanza di sanatoria.
Il Comune, preso atto di tale deliberazione assembleare, con il provvedimento impugnato ha rilasciato agli attuali controinteressati il richiesto titolo edilizio.
Ritiene la ricorrente che tale atto sia illegittimo per i seguenti motivi in diritto.
Violazione degli artt. 11, 20 e 36 D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 4 L. n. 10 del 1977 e dell’art. 13 L. n. 47 del 1985; violazione dell’art. 13 L.R. Emilia – Romagna n. 31 del 2002; violazione del giudicato; Eccesso di potere per falso supposto di fatto e motivazione perplessa e contraddittoria;
La domanda di concessione edilizia in sanatoria è stata presentata da soli tre dei quattro comproprietari pro indiviso del fabbricato e tale fatto comporta che i tre richiedenti, secondo quanto disposto dalle norme sopra rubricate e secondo quanto stabilito dallo stesso T.A.R. Parma con la decisione n. 183 del 2002 non fossero legittimati a richiedere detto titolo edilizio in mancanza del consenso di tutti i comproprietari.
Né tale legittimazione risulta conseguita mediante l’adesione alla richiesta di sanatoria deliberata dall’assemblea condominiale con il voto favorevole di più dei due terzi dei millesimi di proprietà, dato che, ai sensi dell’art. 4 L. n. 10 del 1977, solo il proprietario e, quindi, nel caso di comunione pro indiviso, solo la totalità dei comproprietari è legittimata a chiedere il rilascio del permesso di costruire.
In ogni caso, anche se, come ritenuto dai controinteressati, si ritenesse applicabile l’art. 1108 del codice civile, non muterebbero i termini della questione, dovendosi ritenere che, trattandosi di lavori direttamente incidenti sulla possibilità di godimento dell’edificio da parte di altri comproprietari, necessariamente sarebbe occorsa l’unanimità dei consensi.
Si tratta infatti di innovazione che incide sulla possibilità di godimento del bene da parte della ricorrente, poichè la condotta di scarico dei fumi del locale trasformato da legnaia a cucina risulta collocato in prossimità del sovrastante balcone dell’appartamento abitato dalla sig. A. P...
In riferimento a tali casi, l’art.1108 del codice civile prescrive che per realizzare le modificazioni in questione non è sufficiente la deliberazione assembleare dei partecipanti rappresentante almeno i due terzi della proprietà, essendo pertanto necessario l’assenso della totalità dei partecipanti alla comunione.
Violazione dell’art. 10 del regolamento edilizio comunale; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed istruttoria insufficiente;
La documentazione allegata dagli altri comproprietari alla richiesta di sanatoria risulta incompleta, perché mancante di alcuni documenti ed elaborati, quali il certificato catastale, il rilievo dei fabbricati esistenti e dei servizi di rete, la planimetria generale e una completa documentazione fotografica, espressamente ritenuti necessari dalla norma regolamentare sopra rubricata.
Il provvedimento, pertanto, oltre ad essere stato adottato in contrasto con il citato art. 10 del regolamento edilizio, risulta ulteriormente illegittimo per carenza di adeguata istruttoria.
Violazione degli artt. 69, 70 e 50 del Regolamento edilizio Comunale, nonché dell’art. 49 del Regolamento comunale d’igiene; Eccesso di potere per falso supposto di fatto e travisamento dei fatti;
Il provvedimento impugnato è ulteriormente illegittimo perché adottato in violazione delle norme regolamentari comunali concernenti l’altezza media dei locali, l’isolamento dall’umidità e i camini.
Con memoria depositata in data 10/11/2006, la ricorrente, dopo aver...

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